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E la polizia militare mise da parte la brutalità riservata a neri e poveri

E la polizia militare mise da parte la brutalità riservata a neri e poveriPolizia brasiliana nelle favelas

Brasile I blindati - incubo dei bambini - nelle favelas arrivano appena un corteo di protesta si muove

Pubblicato più di un anno faEdizione del 10 gennaio 2023

La polizia militare brasiliana è internazionalmente conosciuta per la sua brutalità nei confronti della popolazione nera e povera, specialmente giovani uomini (che registrano tra i maggiori numeri di assassinati per mano della polizia al mondo). Una violenza sensibilmente aumentata negli ultimi anni anche contro persone Lgbt+, indigeni, attivisti politici.
È l’eredità di una società che, oltre ad essere stata l’ultima al mondo ad abolire la schiavitù (1888) ha convissuto con una dittatura militare fino al 1985. La polizia militare continua ad essere vista come rappresentanza dello Stato, e l’esercizio di potere come fattore chiave del suo ruolo pubblico. Gli approcci truculenti sono il risultato. Per questo, un giornalista, commentando le immagini dell’assalto alle sedi dei tre poteri federali di Brasilia ha detto che «quattro agenti del Bope – il battaglione speciale di Rio, ndr) avrebbero bloccato i fanatici bolsonaristi in meno di mezz’ora».

INVECE DOMENICA ci hanno messo un pomeriggio intero. E dalle immagini emerge con chiarezza la connivenza tra polícia militar (Pm), secreteria de segurança del Distretto federale (Df), governo del Distretto Federale di Brasilia e l’ex-presidente fuggito a Miami.
Non era del resto credibile che il transito dai 4 anni più bui del Brasile contemporaneo alla sua “rinascita” si riduca semplicemente a un tripudio di felicità. Ma, anche così, impressionano le immagini in cui la polizia scorta i “manifestanti” lungo la Esplanada dos Ministérios, invece che reprimerne l’avanzata. Di fronte ai palazzi si vede un consistente numero di persone e due ridicoli blindati della polizia. Due. Qualsiasi manifestazione in Brasile – un po’ come in Italia, ma con l’ostentazione di un arsenale ben diverso – registra una presenza sproporzionata di polizia. Nelle favelas di Rio de Janeiro i caveirões (blindati) – non a caso tra i più ricorrenti incubi dei bambini – bloccano le strade non appena un corteo di protesta si muove.

DOMENICA INVECE, NIENTE. Neppure un fermo. Le persone hanno agito indisturbate fino al tardo pomeriggio. E il fatto che Anderson Torres, segretario della Pubblica sicurezza del Df, anziché essere a Brasilia fosse in Florida con l’ex presidente, completa il quadro di responsabilità e spiega chi sia il mandante della depredazione domenicale.
Dalla fine dell’anno un accampamento di fanatici estremisti sostenitori dell’ex-presidente si trovavano a Brasilia di fronte al quartier generale dell’esercito. Si temeva che qualcosa accadesse il giorno della investitura di Lula, il primo gennaio, ma se la festa non è stata rovinata, neppure è stata richiesto lo sgombero dell’accampamento.
A quale fine si è permesso che centinaia di persone rimanessero accampate per una settimana a pochi metri dalle sedi dei palazzi del governo federale? Mentre è evidente che il pericolo non sono queste imbarazzanti figure in gialloverde, ma i capitali pubblici e privati che le hanno portate sul posto e le hanno nutrite. Ma soprattutto preoccupa una rete di mobilitazione a livello nazionale, in un paese di dimensioni continentali.

A EFFETTO DOMINO, il governatore del Distretto federale, Ibaneis Rocha ordina l’allontanamento del segretario della Pubblica sicurezza del Df, Anderson Torres ; Il ministro della Corte Suprema Federale (Stf), Alexandre de Moraes, dispone la rimozione del governatore del Distretto Federale, Ibaneis Rocha, e il presidente Luiz Inácio Lula da Silva (Pt) decreta l’intervento federale di pubblica sicurezza nel Distretto Federale fino alla fine del mese.
Per queste, e molte altre ragioni, l’ipotesi della concessione dell’amnistia a Jair Bolsonaro, che a conclusione del suo mandato perdendo il foro privilegiato deve rispondere legalmente di diversi crimini, non è ammissibile neppure in nome delle aspirazioni da parte di Lula di “pacificazione” di un Paese che in realtà è appena all’inizio di un processo di “rinascita” che sarà molto lungo e aggressivo.

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