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E la Cina questa volta reagisce: «Su di noi 10 palloni americani»

E la Cina questa volta reagisce: «Su di noi 10 palloni americani»Wang Li – Ap

Il limite ignoto Si moltiplicano gli scambi volanti tra superpotenze, Pechino studia sanzioni sui pannelli solari

Pubblicato più di un anno faEdizione del 14 febbraio 2023

I palloni in gioco sono sempre di più. E la partita tra le due superpotenze diventa sempre più confusa. Dopo i diversi abbattimenti dei giorni scorsi di oggetti non identificati nei cieli americani, la Cina contrattacca sullo stesso terreno. «Solo dallo scorso anno, i palloni statunitensi hanno sorvolato illegalmente lo spazio aereo cinese più di dieci volte senza l’approvazione delle autorità competenti», ha denunciato ieri Wang Wenbin, portavoce del ministero degli esteri. L’Ufficio per lo sviluppo marittimo di Qingdao, sede di uno dei principali porti cinesi, ha dichiarato di essere pronto ad abbattere un oggetto non identificato avvistato sul Mar Giallo.

Che in passato Washington abbia inviato palloni aerostatici su Unione sovietica e Repubblica popolare non è un mistero. Nel 1974 l’allora premier Zhou Enlai chiese l’abbattimento di un aerostato. Episodi recenti non erano però mai stati resi pubblici e sono stati seccamente smentiti da Washington. La sensazione è che Pechino stia salendo di tono nella sua reazione più la controparte americana mostra di non voler archiviare la vicenda del presunto pallone-spia. Al di là della veridicità o meno delle accuse, in tal modo il Partito comunista segnala alla Casa bianca di essere pronto a giocare la partita, anche a costo di utilizzare metodi duri.

LA VERSIONE presentata dal governo cinese è funzionale anche a ribadire la richiesta agli Stati uniti di smettere di «calunniare, screditare o incitare allo scontro». Tra pandemia e guerra in Ucraina, la Cina ha provato a presentarsi come “garante di stabilità”, come dimostra la Global Security Initiative lanciata da Xi Jinping. Per questo non può avallare senza controbattere la versione di una violazione della sovranità dello spazio aereo di un altro paese. Pechino è convinta che Washington voglia invece utilizzare questo argomento per esercitare ulteriore pressione sui partner occidentali e asiatici e per acquisire una posizione “negoziale” favorevole in vista della possibile ripresa del dialogo bilaterale.

UNA PROSSIMA occasione di confronto potrebbe arrivare alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, in programma dal 17 al 19 febbraio. L’ex ministro degli esteri Wang Yi, ora zar della diplomazia cinese nel ruolo di direttore dell’Ufficio della commissione degli affari esteri del Partito, sarà infatti in Germania e potrebbe incrociarsi con la vicepresidente americana Kamala Harris. Prima di allora, Wang sarà in Francia e in Italia, dove porrà le basi per le potenziali visite di stato di Emmanuel Macron e Giorgia Meloni in terra cinese.
Mentre cerca di tenere aperto il dialogo con l’Europa, la Cina muove però altri passi in direzione di Iran e Russia. Dopo una tappa in Ungheria, Wang concluderà il suo tour eurasiatico proprio a Mosca, a pochi giorni dal primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina. Qui parlerà col Cremlino della prossima visita di Xi. Da oggi a giovedì è invece a Pechino il presidente iraniano Ebrahim Raisi, in una visita volta a rilanciare i rapporti dopo qualche frizione emersa durante il viaggio di Xi in Arabia saudita dello scorso dicembre.
Riaccreditare il governo iraniano, sotto pressione per le proteste degli ultimi mesi, è d’altronde funzionale alla narrazione cinese secondo cui sono sempre Stati uniti e Nato a gettare benzina sui vari fuochi accesi in giro per il mondo. Dall’Europa orientale al Medio oriente, fino ovviamente all’Asia-Pacifico.

QUI PECHINO guarda con fastidio al progressivo “arruolamento” dei suoi vicini: nei giorni scorsi Washington ha ampliato l’accordo di sicurezza con la Micronesia ed è vicina a chiuderne uno con Papua Nuova Guinea. Le Filippine sono vicine a elevare i rapporti di difesa col Giappone, col presidente Ferdinand Marcos Jr. che al termine della visita a Tokyo ha affermato che in caso di guerra sullo Stretto di Taiwan sarebbe «molto difficile immaginare» che Manila non sarà coinvolta. La Cina prepara anche una possibile risposta all’ennesima stretta sull’export di tecnologia operata dagli Usa: possibili limitazioni al flusso verso l’esterno di tecnologia avanzata per la produzione di pannelli solari, settori in cui Pechino detiene un’indiscutibile leadership.

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