Vietato essere amici di Mimmo Lucano. Vietato parlare al telefono con lui. Il Csm ha bocciato Emilio Sirianni, giudice del lavoro alla Corte d’appello di Catanzaro, alla sua settima valutazione di professionalità, bloccandogli in questo modo l’avanzamento di carriera e lo scatto di stipendio. Non solo: dovesse essere bocciato un’altra volta, la conseguenza sarebbe la radiazione dalla magistratura. Il motivo risiede in una vicenda nota, per la quale Sirianni era stato indagato e archiviato, oltre che assolto davanti alla corte disciplinare: una serie di conversazioni, tutte intercettate, con l’ex sindaco di Riace, ora candidato alle europee con l’Alleanza verdi sinistra. Fatti avvenuti tra il luglio e il dicembre del 2017, cioè nel periodo in cui prendeva corpo l’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, favoreggiamento e falso contro Lucano. Era il processo al «modello Riace», che produsse un’abnorme condanna a tredici anni in primo grado, poi ridotta a un anno e mezzo in appello per falso in una determina comunale (e non luogo a procedere per gli altri reati).

SU SIRIANNI, comunque, il Csm si è spaccato in due: sono state necessarie tre votazioni per arrivare al risultato finale. Le prime due erano finite in parità (14 a 14), poi Dario Scaletta di Magistratura indipendente ha cambiato la sua astensione in un voto favorevole alla bocciatura. Con lui hanno votato gli altri sei di Mi, i sei laici del centrodestra, Ernesto Carbone di Italia Viva e Michele Papa del M5s. Per Sirianni invece si erano espressi i sei di Area democratica per la giustizia, Mimma Miele di Magistratura democratica, i quattro di Unicost, gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda e il laico del Pd Roberto Romboli. Astenuti Margherita Cassano e Luigi Salvato. Durissimo il confronto al plenum di mercoledì. «Oltre alla consulenza giuridica nei confronti di Lucano – ha detto Claudia Eccher, ex avvocata di Salvini – Sirianni si attiva per coinvolgere la stampa, elabora comunicati indirizzati al governo ed al ministero dell’Interno, suggerisce risposte ed istanze di accesso agli atti agendo a volte come se fosse un legale del sindaco stesso, altre come se fosse un suo consulente della comunicazione». Questo, come da provvedimento illustrato da Isabella Bertolini (FdI) e infine adottato dal Csm, farebbe di lui un giudice «fortemente condizionato da rapporti personali, vincoli, condizionamenti amicali e orientamenti ideologici».

IN MEZZO ci sono anche alcune considerazioni che Sirianni ha fatto sul collega Nicola Gratteri durante una telefonata a Lucano. Parole di certo dure (l’attuale capo della procura di Napoli viene definito «figlio di buona donna» e «fascistone di merda», tra le altre cose) ma espresse in una conversazione privata. Sul punto ha attaccato l’indipendente di sinistra Fontana, richiamando al fatto che una cosa del genere «preoccupa molti magistrati»: la bocciatura a una valutazione di professionalità per parole espresse in una telefonata è un precedente in effetti pesante. È bene ricordare poi che in altre circostanze simili – come tutte le conversazioni tra magistrati raccolte durante il caso Gratteri – il Csm ha scelto di non adottare provvedimenti di alcun genere. Dettaglio citato anche dal consigliere di Area Marcello Basilico. «È un segnale ben preciso – ha detto ancora Basilico -, i magistrati che vanno attenzionati non sono coloro che brigano per un incarico o che hanno rapporti obliqui con affaristi e politici, ma quelli che si espongono per le proprie idee, anche se ciò non si riverbera poi sulla loro capacità di decidere, e bene». Ancora Fontana, poi, nel suo ragionamento è andato ancora un po’ più in là della questione sindacale. «Negli ultimi 50 anni la magistratura ha legittimato al suo interno iniziative di dibattito su questioni politiche e vicende giudiziarie – ha spiegato -, questo di fatto è buona parte della vita associativa». In altre parole, la mannaia calata su Sirianni è l’ennesimo modo con cui si cerca di togliere ai giudici la facoltà di intervenire su questioni pubbliche. Èdel tutto evidente, infatti, che il problema con Sirianni non risieda nelle sue opinioni su Gratteri, né nei consigli a Lucano, ma nel fatto di essersi mostrato vicino al «modello Riace», odiatissimo dalla destra italiana che ora è al governo.

MAGISTRATURA DEMOCRATICA, con una nota, evidenzia infine come Sirianni non sia un giudice penale, che in ogni caso «non lavora nello stesso distretto in cui Lucano era indagato» e che non ha mai avvicinato colleghi che si stavano occupando del caso. «Palazzo dei Marescialli ha scritto una brutta pagina di una storia sbagliata e si assume il rischio di riportare la magistratura indietro di sessant’anni, prima del disgelo costituzionale», la conclusione delle toghe rosse.