E a Termoli Stellantis ritarda la gigafactory di batterie
Fra le tante modifiche al Pnrr da ieri ne abbiamo una causata non dal governo Meloni ma da Stellantis. Dopo mesi di melina, ieri mattina è arrivata l’ufficialità: la costruzione della gigafactory di batterie a Termoli slitta almeno a metà 2025. E così il ministro Urso deve prendere atto che i 250 milioni già promessi a Tavares faranno lo stesso.
La realizzazione dell’impianto molisano per la produzione di batterie di Acc (Automotive cells company, la joint venture fra Stellantis e Total) è rimandata «a causa della necessità di sviluppare una tecnologia più performante», stesso problema incontrato a Kaiserslautern ma non a Douvrin, in Francia, dove si producono già da mesi.
Di conseguenza il ministro delle Imprese e del Made Italy ha fatto sapere che i fondi del Pnrr saranno ricollocati verso altri investimenti «coerenti con la transizione energetica del comparto».
I lavoratori e i sindacati lo avevano già capito da mesi. Tanto è vero che la scorsa settimana erano scesi in piazza nella cittadina molisana per chiedere «certezze». Che sono puntualmente arrivate.
Il governo Meloni comunque lascia ancora la porta aperta, ribadendo «la disponibilità a valutare di destinare ulteriori fondi, di altra natura, quando Acc sarà in grado di presentare il nuovo piano industriale per Termoli comprensivo della nuova tecnologia».
Al tavolo che si è tenuto ieri mattinata al Mimit, Stellantis ha cercato comunque di rassicurare i sindacati sostenendo che fino al 2028/2029 continuerà a produrre a Termoli i motori endotermici Gme e Gse, mantenendo i livelli occupazionali in vista della transizione verso la gigafactory. L’ex stabilimento Fiat, inaugurato nel 1972, è specializzato nella produzione di motori e trasmissioni. In passato è arrivato a produrre fino a un milione di motori all’anno: il mitico Fire della Uno che oggi viene ancora utilizzato sulle Tipo destinate alla Turchia e all’Algeria. A Termoli oggi ci sono circa 2.000 dipendenti che vanno avanti da anni a furia di contratti di solidarietà. Di recente è stata chiusa l’area Cambi con 450 addetti.
I sindacati hanno subito annunciato unitariamente «nuove forme di mobilitazione».
Lo spettro dei 15 mila licenziamenti annunciati da Volkswagen comunque aleggia sull’Italia. E ieri Carlos Tavares non è riuscito a fugarli. Da Torino dove ha inaugurato il nuovo hub globale dei veicoli commerciali – ennesimo palliativo rispetto alla mancanza di nuovi modelli a Mirafiori, «è l’ennesimo annuncio di un progetto che non ha niente a che fare con la produzione di auto, fra sette anni a Mirafiori tutti saranno in pensione e senza ingressi lo stabilimento rischia la chiusura per consunzione», attacca la Fiom – il ceo di Stellantis ha cercato di mostrarsi fiducioso: «Abbiamo preso in passato molte decisioni impopolari per evitare la situazione di Volkswagen che non sono state ben capite, forse perché a volte non le abbiamo spiegate bene. Il futuro dirà se siamo stati in grado di evitare i problemi oppure no, ora è troppo presto. Dipende da molte cose, dai consumatori, da quanto velocemente saremo in grado di ridurre i costi e dalla volontà dei paesi europei di sostenere i consumatori nell’acquisto di elettriche», ha concluso bussando nuovamente a incentivi: «I governi si stanno tirando indietro nel sostegno alla classe media», ha chiosato. Nel mirino ci sono i dazi alle auto cinesi: «Stiamo dicendo da almeno sei anni che il grosso problema dell’elettrificazione è non esiste un modello di business che supporti chi vende le elettriche ai prezzi delle endotermiche, chi lo ha fatto è andato in difficoltà», ha aggiunto Tavares.
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