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È a rischio l’indipendenza dell’Aifa

È a rischio l’indipendenza dell’Aifa

Sanità Mai è stato previsto, e mai qualcuno l’ha prospettato formalmente, che a conclusione della valutazione effettuata da Cts e Cpr di rimborsabilità di un farmaco – oncologico, o per la cura del diabete, o per una malattia rara – la proposta dovesse essere subordinata alla concertazione con Ministeri e Regioni

Pubblicato più di un anno faEdizione del 27 maggio 2023

Lo stop alla decisione di rimborso dei contraccettivi orali ricorda un vecchio detto piemontese – ‘na grama lavandera treuva mai ‘na buna pera (per chi avesse bisogno di traduzioni: la cattiva lavandaia non trova mai una pietra adatta al lavatoio). Per non essere accusati di maschilismo si potrebbe citare anche “la scusa del mal pagatore”, o che “non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire”, ma la sostanza è la stessa.

I fatti sono semplici. Le commissioni tecniche dell’Aifa – Commissione tecnico-scientifica, Cts, e Comitato prezzi e rimborso, Cpr – avevano concluso l’esame dei contraccettivi orali per le donne in età fertile e proposto al CdA dell’Aifa di ammetterli alla rimborsabilità da parte del Ssn. Ad aprile 2023 sembrava fatta, ma il CdA del 24 maggio ha comunicato che sono ancora necessari molti approfondimenti. Per il CdA, le commissioni Cts e Cpr “non hanno ancora elaborato precise indicazioni sulle fasce di età a cui concedere gratuitamente la pillola anticoncezionale, sulle modalità di distribuzione e sui costi per il Sistema Sanitario Nazionale nei vari scenari di adozione della rimborsabilità”.

E pensare che un mese prima, ad aprile, in un’intervista, la presidente del Cpr Giovanna Scroccaro dava la decisione come presa. Si chiariva che il rimborso, come proposto dalla Cts, avrebbe riguardato tutte e tre le “generazioni” di contraccettivi, a partire dai prodotti con prezzo inferiore, e che la spesa stimata per la copertura Ssn nell’intera popolazione femminile in età fertile sarebbe stata di 140 milioni di euro l’anno (Quotidiano sanità, 21 aprile 2023). Che la valutazione tecnico-scientifica fosse conclusa, e che mancasse solo la valutazione del CdA sulla sostenibilità della spesa, era stato anche chiarito il 3 maggio scorso dal Ministro dei rapporti con il Parlamento Luca Ciriani in risposta a un’interrogazione parlamentare.

L’istruttoria sui contraccettivi orali alla base delle valutazioni delle commissioni Cts e Cpr è durata oltre un anno, e ha analizzato sia le conoscenze scientifiche disponibili che l’impatto di spesa ipotizzato nel passaggio alla rimborsabilità. Appare strana, quindi, l’affermazione secondo cui il CdA è pronto a esprimere il “parere non appena disporrà dell’adeguata istruttoria” (comunicato CdA).

Ma forse, è l’ultima frase del comunicato del CdA che chiarisce meglio la strategia: “Inoltre, con queste indicazioni [l’adeguata istruttoria, ndr], il Consiglio si impegna ad attivare un tavolo di concertazione con i Ministeri vigilanti e la Conferenza delle Regioni”.

Ho riguardato la norma del 2003 che ha istituito l’Aifa. L’obiettivo era di creare un’agenzia tecnica indipendente a cui affidare le decisioni tecniche sulla rimborsabilità dei farmaci (concetto anche ribadito dal Ministro Ciriani nell’intervento alla Camera). Mai è stato previsto, e mai qualcuno l’ha prospettato formalmente, che a conclusione della valutazione effettuata da Cts e Cpr di rimborsabilità di un farmaco – oncologico, o per la cura del diabete, o per una malattia rara – la proposta dovesse essere subordinata alla concertazione con Ministeri e Regioni.

Essere contrari alla rimborsabilità dei contraccettivi orali è legittimo, anche se è una cattiveria contro le donne. Se si mette in discussione l’autonomia dell’Aifa si aggiunge un danno che riguarda tutto il Ssn e tutti i cittadini.

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