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Duterte fa il Duterte: «Nessuna trattativa con i terroristi islamici»

Duterte fa il Duterte: «Nessuna  trattativa con i terroristi islamici»

Filippine Per il governo di Manila il gruppo Maute avrebbe ancora tra i 70 e i 300 ostaggi

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 14 settembre 2017
Matteo MiavaldiILIGAN (FILIPPINE)

Lo scorso 10 settembre la stampa filippina ha dato conto dell’ennesima prova muscolare di Duterte, il presidente «d’acciaio». Alla richiesta di una via di fuga in cambio della liberazione degli ostaggi di Marawi fatta pervenire dai terroristi islamici che da quasi quattro mesi sono arroccati nella «città più musulmana delle Filippine», Duterte avrebbe risposto con un secco «No way! No way!». O resa incondizionata o niente.

L’OFFENSIVA DELLE FORZE militari di Manila – che dal 23 maggio scorso sta assediando e bombardando la capitale della provincia di Lanao del Norte, arcipelago di Mindanao – è continuata con rinnovato vigore, in quello che la stampa filippina evidenzia come un possibile «assalto finale». In 113 giorni di conflitto, con la legge marziale imposta su tutto l’arcipelago di Mindanao, più volte il governo ha lasciato intendere di aver definitivamente fiaccato la resistenza del cosiddetto Maute Group: il nome collettivo affibbiato all’alleanza di cellule estremiste islamiche ispirate dall’Isis formata dai miliziani guidati da Omar e Abdullah Maute, dagli uomini di Abu Sayyaf – agli ordini dell’«Emiro del Sudest asiatico» Isnilon Hapilon – e da un numero indefinito di nuovi arruolati tra giovani e giovanissimi locali, si dice in cambio di laute ricompense alle famiglie.

L’ULTIMO BOLLETTINO di guerra recita: 147 morti tra militari e poliziotti, 660 tra i terroristi, 45 tra i civili e intorno ai duemila ostaggi messi in salvo. Secondo il governo, nel centro di Marawi ci sarebbero ancora alcune decine di terroristi con un numero d’ostaggi difficile da stabilire, tra i 70 e i 300, compreso il prete Teresito Suganob. Tutto intorno, la città di Marawi è ridotta a un ammasso di edifici sventrati da settimane di scontri a fuoco e bombardamenti dell’esercito filippino, coadiuvati dalla logistica e dalla tecnologia statunitense e australiana.

LA «CRISI DI MARAWI» si è subito ripercossa sul resto dell’area, che ha assorbito a fatica una migrazione interna da record: gli sfollati in fuga sarebbero stati più di 600mila, tra i cittadini di Marawi e gli abitanti delle campagne circostanti. Nonostante a centinaia di migliaia siano già tornate nelle aree giudicate sicure dagli apparati di Manila, al momento più di 360mila persone sono ancora costrette a barcamenarsi in insediamenti temporanei o, per il 90 per cento, ospitate da amici e parenti.

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