Peskov: «Nessun dialogo». Conflitto ancora lungo
Piove a Kiev nel 464° giorno di guerra. Più di 15 mesi da quando i carri armati russi hanno oltrepassato il confine e nessuno spiraglio di pace in vista. Anzi, i missili e i droni continuano a seminare terrore a Kiev, nelle grandi città ucraine e da qualche settimana anche alcune regioni russe di frontiera, come Belgorod dove ieri, secondo il governatore regionale, l’artiglieria ucraina ha fatto due morti.
IL CAPO DELLA BRIGATA di mercenari Wagner, Evgeny Prigozhin, ha dichiarato ieri che «La guerra finirà in qualche modo a un certo punto. Ma non credo che finirà nel prossimo futuro, non ci saranno colloqui di pace e queste sono tutte stronzate. L’Occidente non ne ha bisogno e l’Ucraina non ne ha bisogno, ormai hanno consapevolezza della loro forza e si sono preparati. E nemmeno noi siamo pronti ad accettarli, perché se i colloqui di pace sono alle condizioni di Kiev, allora è la rovina per la Russia.
Quindi la guerra andrà avanti per più di un anno». Il portavoce del presidente Putin, Dmitry Peskov, a sua volta ha chiarito che al momento «la Russia non vede prerequisiti per il dialogo con l’Ucraina». Mentre dal canto suo il presidente ucraino ribadisce che la condizione necessaria per aprire qualsiasi dialogo è che «le truppe russe abbandonino il suolo ucraino». Poi si potrà parlare di «zona cuscinetto», di «garanzie di sicurezza» e di relazioni post-belliche.
TUTTAVIA, a quanto si apprende dalle dichiarazioni fatte ieri da Zelensky al summit della Comunità politica europea (Cpe) in Moldavia: «Ogni Paese che confina con la Russia e che non vuole essere fatto a pezzi dovrebbe essere membro a pieno titolo dell’Ue e della Nato. E ci sono solo due alternative a questo: o la guerra aperta o un’occupazione strisciante da parte della Russia». Ma sappiamo benissimo, e ieri il Cremlino l’ha ribadito, che l’eventuale adesione dell’Ucraina alla Nato comporterebbe una chiusura immediata di ogni possibilità di dialogo tra i due belligeranti. «Sarebbe una delle principali fonti di problemi per gli anni a venire» ha dichiarato alle agenzie di stampa russe Peskov.
Zelensky intanto si lamenta delle lungaggini burocratiche, specchio forse della riluttanza di alcuni stati membri ad accogliere un paese in guerra nell’Alleanza atlantica, che si frappongono tra Kiev e l’adesione a pieno titolo alla Nato. Contemporaneamente i cosiddetti «falchi» russi chiedono che la situazione sia gestita da chi in pubblico si sta mostrando più aggressivo, Medvedev ad esempio. Insomma, la pace resta un miraggio e da quando le truppe ucraine o i corpi stranieri inquadrati nella Legione straniera di Kiev hanno iniziato stabilmente a bombardare il territorio russo, sembra ancora più lontana.
STANDO alle informazioni fornite dalle agenzie russe, attualmente nella regione di Belgorod ci sarebbero oltre 2.500 sfollati a causa dei bombardamenti nelle varie città di frontiera, soprattutto a Shebekino, colpita anche ieri. Così come Kiev, ormai obiettivo quotidiano dell’artiglieria russa e nel Donetsk, dove oltre a Bakhmut c’è una lunga lista di centri martoriati. Ciononostante, almeno per ora, nessuno dei protagonisti sembra riuscire a immaginare un finale diverso dalla tragedia.
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