Un piccolo velivolo in planata tra la cupola del Cremlino e la luna in lontananza, poi un’esplosione. È il video del presunto tentativo di attentare al simbolo di Mosca: il palazzo che fu degli zar, dei vertici dell’Urss e infine dei presidenti della Federazione russa. Un simbolo di potere secolare che da oltre vent’anni è identificato con Vladimir Putin e con la sua politica.

LA SCORSA NOTTE, come riportano i media statali russi, la residenza presidenziale sarebbe stata presa di mira da due droni, che nei commenti si definiscono senza indugio di provenienza ucraina, volti a colpire nel sonno l’uomo che ha deciso l’invasione. I media locali hanno spiegato che «a seguito di azioni tempestive intraprese dai servizi militari e speciali con l’uso di sistemi di controllo radar, i droni sono stati disabilitati e resi innocui prima di essere colpiti».

Un secondo video, da una distanza maggiore, mostra un oggetto in fiamme sul tetto nero della cupola che continua a bruciare, proprio sotto la bandiera bianca blu e rossa. Il portavoce del presidente russo, Dmitrij Peskov, ha dichiarato che il capo non si trovava nel palazzo al momento dell’attacco ma «al lavoro nella sua residenza di Novo Ogarevo» poco fuori Mosca.

Inoltre, in una nota ufficiale, il Cremlino ha fatto sapere di considerare «l’attentato del regime di Kiev un atto terroristico pianificato e un attentato alla vita del presidente della Federazione russa alla vigilia del Giorno della vittoria», che si festeggia il 9 maggio e celebra la vittoria dell’Armata rossa contro le forze naziste. In ogni caso, le autorità russe si riservano «il diritto di mettere in atto misure di ritorsione contro i mandanti dell’attentato in qualunque momento e in qualunque luogo sarà ritenuto necessario».

DA QUESTA dichiarazione, affatto sorprendente ma comunque preoccupante, nascono le valutazioni più o meno allarmate di analisti e politici. Anche perché diversi politici russi hanno già dichiarato che è il momento di colpire Kiev nel suo cuore. «Dobbiamo distruggere l’ufficio del presidente, la Verkhovna Rada (il parlamento ucraino, ndr), lo Stato maggiore e gli edifici che ospitano i servizi segreti» ha tuonato il deputato Aleksei Zhuravlev.

«Si tratta di un vero casus belli per dare il via all’eliminazione dell’élite terroristica dell’Ucraina, sappiamo come colpirla nei loro bunker» gli fa eco il presidente del Consiglio della Federazione russa Sergei Mironov. Ancora più esplicito il vice capo del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev: «Dopo l’attacco terroristico di oggi non rimangono altre opzioni se non l’eliminazione fisica di Zelensky e della sua cricca»

Il punto è che se si interpreta il presunto attentato come un tentativo di assassinio del presidente, conclusione più che logica, il passo verso l’invocazione della «minaccia all’esistenza dello stato russo» è breve. E, ormai è noto, in tal caso Mosca si riserva il diritto di utilizzare l’arsenale atomico. Per questo, fin dal primo pacchetto di armi inviate al governo di Kiev, gli alleati avevano posto diversi limiti al loro uso.

Uno su tutti, la linea rossa evocata in più occasioni sia dal Cremlino sia dalla Casa bianca: il divieto di colpire i centri del potere russo. Ora questo limite, almeno nella narrazione che il governo russo ha costruito nelle ultime 24 ore (e che è tutta da verificare), è stato oltrepassato. «Gli Stati uniti sin dall’inizio non hanno incoraggiato o messo l’Ucraina in condizione di colpire al di là dei propri confini» ha chiarito la portavoce della Casa Bianca, Karine Jeanne-Pierre.

MA KIEV, com’era altresì prevedibile, si dice totalmente estranea ai fatti. Il portavoce di Volodymyr Zelensky, Sergii Nikiforov, ha dichiarato alla Bbc: «Non abbiamo informazioni sui cosiddetti attacchi notturni al Cremlino, ma come il Presidente Zelensky ha ripetutamente affermato: l’Ucraina sta dirigendo tutte le forze e i mezzi disponibili per liberare i propri territori, non per attaccarne altri». Nikoforov ha insistito sul fatto che l’attentato sarebbe opera dell’opposizione interna russa.

Secondo Mykhailo Podolyak, il consigliere del capo dell’ufficio presidenziale ucraino, l’attacco è un’operazione delle stesse autorità russe. «La Russia – scrive – sta chiaramente preparando un atto terroristico su larga scala». «La comparsa di droni presso impianti energetici o sopra il Cremlino può solo indicare attività di guerriglia delle forze di resistenza locali; la perdita del controllo del potere sul Paese da parte del clan di Putin è evidente. Qualcosa sta accadendo in Russia».

Dagli Usa, il segretario di Stato Antony Blinken si è mostrato molto cauto: «Non possiamo confermare nulla e comunque bisogna prendere tutto quello che arriva da Mosca con le pinze». E come a fugare il campo da un eventuale coinvolgimento di Washington: «Qualsiasi cosa sia accaduta, non c’è stato alcun preavviso».

Anche la Commissione europea ha reagito alle dichiarazioni di Mosca, affidandosi alle parole di Peter Stano, il portavoce del servizio di azione esterna: «I presunti attacchi con i droni non devono essere usati come pretesto per un’ulteriore escalation della continua aggressione della Russia al di fuori dei suoi confini».

NELLE ULTIME ORE si sono verificati almeno 3 attacchi in pieno territorio russo. Un deposito di carburante è stato colpito a Krasnodar, vicino a dove sorge il pilone del danneggiato Ponte di Crimea, un treno è deragliato a Bryansk per un sabotaggio alle linee ferroviarie e una base dell’aeronautica a Seshcha è stata colpita da missili ucraini nei pressi della frontiera con l’Ucraina.