L’Unione europea si schiera sempre più decisamente contro una risoluzione del conflitto tra Russia e Ucraina che non sia militare. Invece di tentare vie alternative, come persino gli Stati uniti hanno timidamente fatto nelle ultime due settimane, Bruxelles ha approvato ieri un nuovo pacchetto di aiuti che stavolta include l’addestramento diretto dei soldati ucraini. Un programma di due anni, per il quale sono stati stanziati 107 milioni di euro, che avrà il suo quartier generale proprio nella capitale belga e sarà comandato dal vice-ammiraglio francese Herve Blejean. Secondo un comunicato ufficiale dell’Ue, l’obiettivo sarà quello di permettere alle forze armate di Kiev di «condurre efficacemente le operazioni militari» per «difendere l’integrità territoriale del proprio Paese all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti ed esercitare efficacemente la propria sovranità e proteggere i civili». L’addestramento dei soldati sarà «individuale, collettivo e specializzato» e secondo le prime dichiarazioni lo scopo è quello di addestrare circa 13 mila soldati semplici e 2 mila truppe specializzate, principalmente tra Polonia e Germania. I funzionari dell’Ue sperano che la missione diventi operativa già a partire da metà novembre prossimo.

IL CAPO della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha dichiarato di essere «fortemente convinto che mettendo insieme le capacità degli eserciti europei possiamo offrire un prodotto molto migliore». La decisione congiunta dei Paesi europei è solo l’ultima, in linea temporale, della serie. La Nato, infatti, ha iniziato a formare istruttori militari in Ucraina dopo l’annessione della penisola di Crimea da parte della Russia nel 2014.

I FONDI STANZIATI per le forniture di armi e per il supporto militare decisi ieri dall’Ue ammontano a 500 milioni di euro, prelevati dal cosiddetto «Fondo europeo per la pace», un fondo utilizzato per rimborsare i Paesi membri che forniscono armi, munizioni e supporto militare non letale all’Ucraina.
Dal canto suo, Mosca rinsalda i rapporti con la Bielorussia. I funzionari del ministero della Difesa di Minsk, infatti, hanno dichiarato che il loro Paese ospiterà 9.000 truppe russe e 170 carri armati come parte di una nuova forza militare congiunta russo-bielorussa. La settimana scorsa, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, aveva annunciato la formazione di una nuova forza congiunta, alimentando il timore ucraino e della comunità internazionale che a nord dell’Ucraina presto potrebbe aprirsi un nuovo fronte. Rispetto ai rinforzi necessari alle forze russe, si noti che a Primorsky, domenica notte è stato trovato impiccato il tenente colonnello Roman Malyk, responsabile della mobilitazione dei riservisti diretti in Ucraina. Ciononostante, sembra che gli scambi di prigionieri tra i due stati belligeranti continuino. Secondo Denis Pushilin, capo dell’amministrazione filorussa del Donetsk, ieri sarebbe avvenuto uno scambio di 110 prigionieri russi con 110 ucraini.

Intanto, sui fronti già aperti, ieri gli attacchi aerei sono continuati. A Kiev, i tristemente celebri «droni kamikaze» importati dall’Iran (seppure Teheran continui a negare di averne forniti), hanno colpito un edificio residenziale uccidendo 4 persone. Anche le infrastrutture energetiche della capitale sono state nuovamente colpite, il che ha reso evidente ancora una volta come l’obiettivo di Mosca al momento sia minare le capacità di approvvigionamento energetico degli ucraini. La società ucraina di energia nucleare Energoatom ha dichiarato che l’alimentazione esterna della centrale nucleare di Zaporizhzhia è stata nuovamente interrotta a causa dei bombardamenti delle forze russe che hanno danneggiato una sottostazione elettrica in territorio ucraino utilizzata per fornire energia alla centrale. Il Cremlino non ha confermato, del resto, la centrale per decreto dello stesso presidente Putin è passata de facto sotto il controllo russo.

POCO PIÙ A EST, nella città portuale di Yeysk, un aereo da guerra russo si è schiantato su un’area residenziale. Secondo fonti ufficiali di Mosca, il Sukoi Su-34 in volo nei pressi del Mar d’Azov, a poca distanza da Mariupol, sarebbe precipitato in seguito a un guasto al motore. L’incidente, tuttavia, si inserisce in una strana sequela di avvenimenti ai danni delle forze russe che da Belgorod (di fronte a Kharkiv) si stanno verificando lungo tutta la frontiera con l’Ucraina, in territorio russo. Tra gli analisti c’è anche chi interpreta questi «incidenti» come attacchi di Kiev in risposta ai raid russi.