Dopo quattro mesi di rivolta in tutto il paese, la Repubblica islamica sembra per ora resistere alla tempesta. Le proteste iniziate a settembre, innescate dalla morte di una giovane donna, Mahsa Amini, sotto la custodia della polizia morale, continuano quasi quotidianamente in dimensioni minori dall’inizio.

A incidere, oltre alla lotta per i diritti civili, è anche la crisi economica che, insieme all’elevata inflazione, ha notevolmente eroso il potere d’acquisto degli iraniani. L’esportazione di greggio, fonte vitale di valuta forte per Teheran, si è ridotta a 900mila barili al giorno a novembre, ben al di sotto dei massimi raggiunti nel 2018, a causa delle sanzioni dagli Stati uniti. Inoltre quasi la metà delle entrate petrolifere va persa a causa di sconti, costi di transazione, mancata accessibilità ai mercati mondiali e altri impedimenti.

LE ESPORTAZIONI verso la Cina, unico cliente di rilevo dell’Iran, nel 2022 sono state interrotte dalla concorrenza dei barili russi a buon mercato. Anche se sembrano essere riprese a causa degli alti costi di trasporto per le importazioni russe.

La Repubblica islamica, malgrado possegga immensi giacimenti di gas naturale, sta lottando per frenare l’elevata domanda di gas di cittadini e consumatori commerciali poiché le temperature invernali scendono sotto lo zero. Ciò costringe Teheran a razionare il gas e limitare la fornitura ai consumatori industriali e governativi.

L’Iran ha un disperato bisogno di investimenti stranieri: non ha avuto accesso a tecnologie né a fondi per aumentare la capacità complessiva di produzione. Le centrali elettriche iraniane sono costrette a usare in parte olio combustibile. David Boyd, relatore speciale delle Nazioni unite sui diritti umani e l’ambiente, ha criticato l’Iran per l’utilizzo di olio combustibile, che provoca un grave inquinamento atmosferico.

Il crescente isolamento internazionale dell’Iran è una seria preoccupazione per il regime. La breve finestra che si era aperta all’inizio del 2022 per concordare un ritorno all’accordo nucleare e revocare le sanzioni statunitensi si è probabilmente chiusa: i paesi occidentali censurano l’uso di droni iraniani in Ucraina, la violenta repressione delle proteste e i progressi nucleari dell’Iran.

TEHERAN sta sviluppando droni sempre più sofisticati per le proprie forze armate e da vendere ad altri paesi. Sebbene non possa offrire una capacità d’avanguardia all’altezza di altri produttori di droni (in particolare Israele, Turchia e Stati uniti), ha trovato clienti nel corso degli anni: Sudan, Venezuela, Etiopia e ora Russia.

Inoltre, nel giugno 2022 ha annunciato che stava aprendo in Tagikistan una linea di produzione per il suo Ababil-2, piccolo drone tattico con un’autonomia di circa chilometri km e un tempo di volo di circa 1,5 ore.

Gli americani hanno intrapreso un programma che mira a soffocare la capacità dell’Iran di fabbricare i droni impedendogli di reperire componenti occidentali necessari. Questo a seguito dell’esame del relitto dei droni intercettati pieni di tecnologia made in Usa. Secondo un rapporto della Cnn, su 52 parti di fabbricazione non iraniana ne sono usate 40 di fabbricazione americana e 12 realizzate in Svizzera, Canada, Giappone, Taiwan e Cina.

Secondo il New York Times, il costo dell’abbattimento di droni iraniani in Ucraina può superare di gran lunga il prezzo della loro produzione: mentre i droni Shahed-136 schierati dalla Russia costano solo 20mila dollari, abbatterne uno dal cielo può costare tra i 140mila e 500mila dollari.

Tuttavia ciò che sembra preoccupare di più le cancellerie occidentali è l’industria spaziale iraniana. Secondo Iran Watch del Wisconsin Project, un’organizzazione privata fondata in collaborazione con l’Università del Wisconsin, l’Iran ha due programmi gestiti da due istituzioni separate, il Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (Irgc) e l’Organizzazione delle industrie aerospaziali, che producono motori solidi di grande diametro che potrebbero essere utilizzati nei missili balistici. Questo dà all’Iran la capacità tecnologica di sfondare il limite autoimposto di 2mila chilometri praticamente in qualsiasi momento lo desideri.

UNO DEGLI OBIETTIVI più importanti del programma spaziale decennale del paese è pianificare e implementare le missioni spaziali. Il programma spaziale iraniano è stato criticato dagli Stati uniti e dall’Unione europea a causa del suo potenziale uso militare.

Il timore dei missili balistici iraniani è in parte legato al programma nucleare che corre in parallelo. Se Teheran sarà in grado di produrre una bomba atomica, allora avrà bisogno anche del missile che può trasportarla.

La Russia, nell’agosto 2022, ha lanciato in orbita il primo satellite iraniano denominato Kayyam. I due paesi hanno firmato importanti accordi per rafforzare la cooperazione nel settore, con la benedizione cinese.