Draghi torna da Algeri con 9 miliardi di metri cubi di gas in più
Guerra e crisi È pari a un terzo delle forniture dalla Russia. La strada per cambiare fornitori è lunga: prossime tappe Congo, Angola, Mozambico. Dall’Algeria saranno acquistati nel 2022 circa 3 miliardi, altri sei nel 2023, di cui 3 di Gnl. Draghi: "Dopo l’invasione dell’Ucraina ci siamo mossi per ridurre la dipendenza dal gas russo. Questa è la risposta all’obiettivo strategico". Legambiente: "Non è stata compresa la lezione dalle speculazioni sui combustibili fossili. Il problema è come investire realmente sulle fonti rinnovabili"
Guerra e crisi È pari a un terzo delle forniture dalla Russia. La strada per cambiare fornitori è lunga: prossime tappe Congo, Angola, Mozambico. Dall’Algeria saranno acquistati nel 2022 circa 3 miliardi, altri sei nel 2023, di cui 3 di Gnl. Draghi: "Dopo l’invasione dell’Ucraina ci siamo mossi per ridurre la dipendenza dal gas russo. Questa è la risposta all’obiettivo strategico". Legambiente: "Non è stata compresa la lezione dalle speculazioni sui combustibili fossili. Il problema è come investire realmente sulle fonti rinnovabili"
L’Eni e la società algerina Sonatrach hanno siglato ieri ad Algeri un accordo per aumentare la fornitura di gas all’Italia di nove miliardi di metri cubi all’anno a partire dal 2023-2024 attraverso il gasdotto TransMed. Secondo il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani saranno divisi in questo modo: nel 2022 tre miliardi di metri cubi, nel 2023 altri sei miliardi, di cui tre di gas naturale liquefatto (Gnl). L’accordo è stato firmato dal presidente di Sonatrach, Toufik Hakkar, e dall’amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi alla presenza del presidente della Repubblica algerino Abdelmadjid Tebboune e del presidente del Consiglio Mario Draghi. Nella stessa occasione è stata siglata anche una dichiarazione d’intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia rinnovabile.
In prospettiva sarebbero due i progetti in ballo per aumentare la quantità di gas. Si parla di un collegamento Nigeria-Algeria-Europa attraverso un gasdotto transahariano (Trans-Saharan Gas-Pipeline, Tsgp), lungo 4.128 chilometri, di cui 1.037 chilometri in territorio nigeriano, 841 chilometri in Niger e 2.310 chilometri in Algeria che collegherà i giacimenti di Wari sul fiume Niger al confine algerino. Di questo progetto si parla dal 2009, allora i costi erano stimati in 10 miliardi di dollari. Poi ci sarebbe il Galsi, il gasdotto Algeria-Sardegna-Italia. Se ne parla dal 2001 e non è stato mai realizzato. Si tratterebbe di una condotta sottomarina di 284 chilometri con una profondità massima di 2.880 metri che dovrebbe collegare il porto algerino di Koudiet Draouch a Porto Botte nella Sardegna sud-occidentale. Al momento però non sono chiari né i tempi, né la reale fattibilità di questi progetti.
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Gasdotto esplosivo nel MediterraneoDAL 24 FEBBRAIO SCORSO, giorno di inizio dell’aggressione russa all’Ucraina, il governo italiano è impegnato in un’affannosa ricerca di approvvigionamento alternativi rispetto al gas russo. Sebbene non sia stato deciso nulla a tale proposito a livello europeo l’intesa di ieri ad Algeri è stata usata da Draghi per rilanciare l’orientamento di fare a meno della dipendenza da Mosca entro 24-36 mesi. Questo intervallo di tempo è stato, in realtà, indicato da Cingolani. «Subito dopo l’invasione dell’Ucraina – ha detto Draghi – avevo annunciato che l’Italia si sarebbe mossa con rapidità per ridurre la dipendenza dal gas russo. Gli accordi sono una risposta significativa a questo obiettivo strategico, ne seguiranno altre. Il governo vuole difendere i cittadini e le imprese dalle conseguenze del conflitto». Il governo sostiene di volere andare a cercare altro gas in Congo, Angola e Mozambico. La strada è, a tutti gli effetti, lunga. Dalla Russia l’Italia importa 29 miliardi di metri cubi di gas. I 9 miliardi supplementari accordati da Algeri sono pari a un terzo.
IN QUESTA PARTITA non va dimenticato il problema delle navi per la rigassificazione del gas liquido. Cingolani ha candidato i porti di Brindisi e Taranto a ospitarne una dal 2023. «Preferisce affittare navi, pagare circa 500 milioni per ciascuna e assumersi i costi di Gnl degli Stati Uniti e i rischi di incidenti legati agli accosti alla nave e dal cambio di stato da quello liquido a -160 gradi – sostiene Ruggero Ronzulli (Legambiente Puglia) – Il collegamento alla rete Snam – continua l’associazione – Richiede una condotta subacquea che, per ragioni di sicurezza, deve essere stabilizzata dalla nave all’inserimento in rete sul fondo del mare interessato, ragione per cui suscita profonda perplessità la superficialità con cui si parla di ormeggio e disormeggio come se fossimo in una stazione di servizio con una pompa di carburante». Queste soluzioni entrerebbero in funzione nel 2023.
«PER NON DIMENTICARE i costi esorbitanti di realizzazione e mantenimento». «Questo vorrebbe dire solo adottare una linea in cui si cambia solo “padrone” e dipendenza! Il rigassificatore a Brindisi o a Taranto non è stato realizzato per la ferma opposizione della popolazione locale e perché la magistratura ha individuato reati gravissimi di corruzione, violazione di norme ambientali e della navigazione che hanno portato a successive condanne».
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