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Draghi tira dritto: «Possibili nuovi invii di armi a Kiev». E il Parlamento non voterà

Draghi tira dritto: «Possibili nuovi invii di armi a Kiev». E il Parlamento non voteràMario Draghi – LaPresse

Maggioranza nel caos Oggi il premier parla alle Camere sulla crisi ucraina. Nessuna risposta alle richieste del leader M5S. Letta: il governo rischia di deragliare

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 19 maggio 2022

Il ciclone Craxi, nel senso di Stefania, porta la maggioranza vicina al punto di rottura. Il momento di maggiore tensione tra i partiti da quando Draghi siede a palazzo Chigi. Il premier però apparentemente non se ne cura: dopo l’incontro con la collega finlandese Sanna Marin Draghi ieri si è dedicato a scrivere il discorso che terrà in Parlamento stamattina sulla guerra. Un discorso ampio, che toccherà tutti gli aspetti del conflitto: militare, finanziario, umanitario, energetico, alimentare.

Da palazzo Chigi non filtrano reazioni allo scherzetto che Lega e Forza Italia (e forse pure Iv) hanno combinato ieri a Conte in Senato, bocciando il suo candidato Licheri alla guida della commissione Esteri, incoronando la figlia di Bettino.

Neppure il ministro dei rapporti col Parlamento, il grillino Federico D’Incà, che pure ieri ha sentito più volte Conte, può fare più di tanto di fronte alla richiesta del suo capo: e cioè che sia Draghi a risolvere l’incidente. «Si tratta di una dinamica strettamente parlamentare, un intervento in qualsiasi forma del governo sarebbe un’entrata gamba tesa», il ragionamento del ministro, che pure è vicino all’avvocato del popolo.

Un disinteresse, quello di Draghi, che non convince neppure un suo sostenitore come Pierferdinando Casini: «Bisogna che Draghi si occupi un po’ di più dei rapporti fra i partiti. L’Italia in questo momento non ha alternative a questo governo e a questa legislatura…».

Lo stesso Enrico Letta è in allarme: «Limitiamo gli incidenti, altrimenti non si sa cosa può succedere. Si rischia di finire fuoristrada e poi è difficile rimettere la macchina in carreggiata». «Serve una seria messa a punto della situazione», il messaggio rivolto anche all’ex numero uno della Bce.

Draghi oggi ribadirà la linea tenuta fin qui. Sulle armi eviterà riferimenti a un quarto decreto, che allo stato non è in agenda e neppure in fase di preparazione. Ma già ieri alla conferenza stampa con la premier finlandese, a domanda, ha risposto: «Vogliamo aiutare l’Ucraina a difendersi. Lo abbiamo fatto in passato e lo faremo quando necessario. Nella difesa dell’Ucraina gli europei sono tutti insieme, siamo membri leali dell’Unione».

La strada probabile è quella ventilata ieri dalla presidente von der Leyen, di «acquisti congiunti» di armi per l’Ucraina da parte dei paesi Ue, con tanto di esenzione Iva. Un passaggio che renderebbe ancora più ininfluenti i parlamenti nazionali.

La rotta che traccerà il premier è quella fissata dopo il ritorno dal viaggio negli Usa, e tiene insieme condanna di Putin, sostegno a Kiev, sanzioni severe a Mosca e sforzo negoziale per la pace: «L’Italia è in prima linea per una soluzione diplomatica che porti alla pace», il concetto che il premier ribadirà alle Camere, dopo che ieri ha reagito all’espulsione di 24 diplomatici italiani da Mosca invitando alla prudenza, e a non chiudere i canali con la Russia.

C’è un punto però che è destinato a incendiare ancor di più i rapporti con Conte: non solo oggi non ci sarà alcun voto di indirizzo del Parlamento verso il governo, ma neppure a fine mese, alla vigilia del consiglio europeo straordinario: la prassi prevede che il governo non sia tenuto a riferire alle Camere proprio per la straordinarietà della riunione europea, e a palazzo Chigi hanno deciso di sfruttare questa opportunità. Se ne riparlerà, forse, a fine giugno, alla viglia del successivo Consiglio Ue.

Un altro smacco per il leader del M5S, che ha chiesto fino a sgolarsi che il Parlamento possa votare di nuovo sulla crisi ucraina e sul profilo della nostra partecipazione militare. Non senza un fondamento: da inizio marzo (quando ci fu un voto quasi unanime) la maggioranza dei partiti ha cambiato idea sull’invio di armi a Kiev, dal M5S alla Lega, compreso Berlusconi.

Ieri però, durante le votazioni sugli ordini del giorno al decreto Ucraina bis alla Camera, M5S ha perso l’occasione: non ha votato gli odg presentati dagli ex grillini di Alternativa per bloccare da subito l’invio di armi (un favorevole e 16 astenuti dal M5S).

«Hanno gettato la maschera, il loro è un pacifismo finto e peloso», attacca la deputata Emanuela Corda. La replica del Movimento: «Proposte strampalate e irresponsabili, in quegli odg era prevista la sospensione tout court delle spese militari».

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