Dossier, Cdm a vuoto. Nordio commissariato per evitare altre gaffe
Meloni prova a blindare i provvedimenti sulla cybersicurezza. Ma la procura di Roma indaga su un altro caso di spionaggio
Meloni prova a blindare i provvedimenti sulla cybersicurezza. Ma la procura di Roma indaga su un altro caso di spionaggio
Una fitta giornata di appuntamenti per non concludere niente. Il governo Meloni, in imbarazzo per la vicenda dei dossieraggi, ieri ha tentato di dare un’immagine di operatività sul tema della giustizia convocando due vertici di maggioranza con il guardasigilli e un consiglio dei ministri che però non son serviti a recuperare terreno sulla permeabilità dei servizi di sicurezza. Anzi, contrariamente a quanto comunicato in precedenza, il tema non è stato proprio affrontato in nessun luogo istituzionale, venendo sbianchettato addirittura dall’ordine del giorno del cdm un attimo prima che cominciasse la riunione.
«IMPEGNI CONCOMITANTI di Nordio e poi il timing dei lavori parlamentari non corretto», si giustificano fonti di Palazzo Chigi, precisando anche che il decreto legge sulla criminalità informatica, che sarebbe dovuto essere discusso ieri, non avrebbe contenuto in ogni caso provvedimenti sulla cybersicurezza. Il cdm alla fine ha discusso dello stato di emergenza per il maltempo in Emilia Romagna e «ha approvato in via definitiva i primi tre testi unici sul fisco: giustizia tributaria, tributi erariali minori e sanzioni tributarie amministrative e penali», come annunciato dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, mentre Nordio scompariva dai radar dopo una intensa mattinata.
IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ieri ha convocato due summit di maggioranza (presenti il viceministro Francesco Paolo Sisto, i sottosegretari Andrea Delmastro Delle Vedove e Andrea Ostellari, i presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato e tutti i capigruppo di maggioranza delle rispettive commissioni) in via Arenula. Il primo sugli interventi in campo penale, il secondo sulla separazione delle carriere. «Appuntamenti già programmati per darci tempi certi sui provvedimenti in sospeso», spiegano fonti del ministero a chi si aspettava un punto sulla vicenda milanese che invece ufficialmente non c’è stato. Anche perché sul tavolo già c’era la necessità di recuperare un’altra gaffe del governo: il limite a 45 giorni per l’utilizzo delle intercettazioni anche per i casi di violenza, che aveva sollevato perplessità non solo nelle opposizioni ma anche in Forza Italia.
IL DISEGNO DI LEGGE sulle intercettazioni non sarà modificato per non bloccare il percorso parlamentare ma è stato deciso di inserire un timido ordine del giorno per escludere dalla normativa i reati di Codice rosso, così come già avviene per i reati di mafia e terrorismo. Nel pomeriggio, poi, una riunione analoga ma sul ddl che prevede la separazione delle carriere. Qui l’urgenza era provare a trovare una sintesi tra i vari emendamenti dei partiti che compongono la maggioranza e un’intesa per introdurre i ritocchi necessari. Forza Italia ha rinunciato a presentare altri emendamenti. La Lega, invece, ne ha approfittato per inserirne nel ddl due sulla «prevalenza delle norme italiane rispetto a quelle europee», un tentativo in extremis dalla dubbia riuscita. Anche in questo caso l’obiettivo è recuperare l’autogol dell’esecutivo di destra sulla deportazione dei migranti in Albania. «È vero che è estraneo ai contenuti del ddl – ha ammesso l’estensore, il capogruppo della Lega in Commissione Affari costituzionali, Igor Iezzi – ma è difficile trovare un ddl che faccia da treno adatto». Due riunioni che devono essere state particolarmente interlocutorie se Nordio è stato costretto a dare forfait al Consiglio dei Ministri.
LE RAFFAZZONATE giustificazioni degli uffici stampa non sono state però sufficienti a coprire le difficoltà del governo sui dossieraggi e sui sistemi di protezione dei dati. Così penetrabile che non hanno fatto in tempo neanche a ragionare sui casi di Perugia e Milano che già si trovano davanti a un nuovo fronte: anche la procura di Roma sta indagando su un gruppo, denominato Squadra Fiore (composto anche da ex appartenenti alla forze dell’ordine) che avrebbe avuto accesso a dei sistemi informatici per raccogliere illecitamente dati. Eppure di tutto questo ieri se n’è parlato solo durante l’incontro del Nucleo per la Cybersicurezza (Ncs), presieduto dal prefetto Bruno Frattasi mentre il cdm evitava il discorso. Del resto Meloni non può permettersi di sconfessare un testo entrato in vigore solo pochi mesi fa, anche perché non ci sono risorse da poter aggiungere, ma ha intenzione di valutare «percorsi di tipo amministrativo e organizzativo» per rendere più efficaci i controlli. Non è nelle condizioni di fornire altre cartucce a chi accusa il governo di incompetenza.
ANCHE IN QUESTA chiave si può leggere l’avvicendamento a via Arenula: al posto di Daniele Piccin a occuparsi della comunicazione di Nordio arriva la firma di Libero, Francesco Specchia. Già candidato a diversi ruoli dalla maggioranza, Specchia approda al ministero della Giustizia con un ruolo diverso rispetto ad altri uffici stampa: sarà lo spokesperson del ministro. Una elegante definizione statunitense per indicare una figura ancora più potente del portavoce, inesistente in Italia, cioè colui che dichiarerà al posto del titolare di Via Arenula. Facile intuire il tentativo di blindare il guardasigilli per evitargli altre gaffe e, di conseguenza, altre dimissioni che
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