A Erdogan non è bastato poter mostrare lo scalpo dei curdi, ottenuto martedì al vertice Nato a Madrid, per dirsi soddisfatto. Per tutta la giornata di ieri i media turchi hanno rimbalzato le dichiarazioni del governo che intimavano, perentoriamente, a Svezia e Finlandia di procedere all’estradizione dei «terroristi curdi e turchi» che vivrebbero nei due paesi scandinavi (lunedì il quotidiano turco Hürriyet ha pubblicato la lista, sono 33). Questo è il punto dell’accordo siglato martedì tra i ministri degli esteri di Finlandia, Svezia e Turchia e suggellato dal segretario della Nato, Jens Stoltenberg, che ha permesso di eliminare il veto di Erdogan per l’adesione dei paesi scandinavi all’Alleanza atlantica.

NEL DOCUMENTO sottoscritto martedì a Madrid è scritto esplicitamente che «i paesi hanno convenuto che Finlandia e Svezia affronteranno le richieste in sospeso della Turchia di espulsione di sospetti terroristi in modo rapido e accurato per quanto riguarda informazioni, prove e intelligence dalla Turchia», un passaggio molto chiaro che si somma ad altre concessioni fatte dai due paesi scandinavi. L’accordo prevede inoltre la decisione per Finlandia e Svezia di riprendere a vendere armi ad Ankara, una nuova legge in Svezia «più severa sulla criminalità terroristica che entrerà in vigore il 1° luglio» oltre a un «inasprimento della legislazione antiterrorismo» e la cessazione di qualsiasi supporto alle Ypg/Pyd curde o al movimento di opposizione turco Gülen.

Un insieme di provvedimenti che, soprattutto in Svezia, hanno suscitato diverse reazioni, per lo più indignate. Il quotidiano di Stoccolma Expressen ha raccolto ieri le voci di alcuni oppositori curdi e turchi residenti in Svezia ed inseriti nella lista di Erdogan tra i quali figurano giornalisti, militanti di opposizione e semplici cittadini curdi che hanno vissuto nelle zone liberate dal confederalismo democratico nella Siria del nord. Tutti hanno manifestato forte preoccupazione per la propria vita, dichiarando il rischio concreto di «morire sepolti in un carcere turco». A loro è arrivata la solidarietà di diversi esponenti politici della sinistra e dei verdi che hanno attaccato il governo e un accordo sulle estradizioni che sconfesserebbe la storica politica svedese a favore dei dissidenti politici. La ministra degli Esteri, Ann Linde, ha risposto alle critiche sostenendo che «non avremo estradizioni in assenza di prove di attività terroristiche. Non c’è alcuna ragione per i curdi di credere che i loro diritti umani o democratici saranno ridotti».

A NON ESSERE affatto rassicurata dalla parole della ministra è la deputata di origine curdo-iraniana Amineh Kakabaveh il cui voto ha salvato, per ben due volte negli ultimi mesi, il governo socialdemocratico di minoranza, dalla sfiducia parlamentare. Proprio l’ultima volta, a maggio, aveva votato contro la mozione di sfiducia al ministro della giustizia ricevendo ampie garanzie dai socialdemocratici che non ci sarebbe stata alcuna estradizione di cittadini di origine curda abitanti sul suolo svedese. Per questo abbiamo chiesto a Amineh Kakabaveh se non si sia sentita tradita dal voltafaccia del partito della premier. «Non sono una bambina, sapevo che l’accordo era a tempo e che sotto la pressione a cui è stato sottoposto il governo avrebbero ceduto ma qui – continua la deputata – è messa in discussione la storia della Svezia, la sua attenzione verso le minoranze, il dissenso politico, i diritti umani, il sostegno a chi ha combattuto per la libertà contro Daesh nel nord della Siria come hanno fatto le Ypg/Pyd». «Questo accordo non è solo grave per la comunità curdo svedese ma lo è per tutto il popolo svedese e per la sua storia».

LA DEPUTATA INSISTE che il documento firmato martedì a Madrid «non è un accordo tra i due paesi scandinavi e la Turchia ma è l’accordo di Ankara: Svezia e Finlandia hanno accettato le condizioni di una dittatura islamista». Le chiediamo quindi come pensa che si concretizzerà questo accordo: «Non credo che la stragrande maggioranza dei 100mila curdi che vivono in Svezia abbiano da preoccuparsi direttamente, ma c’è invece un rischio concreto che le persone della “lista di Erdogan” possano finire imprigionati e torturati in Turchia». Per questo Kakabaveh ha depositato una mozione di censura verso la ministra degli esteri che ha già raccolto le firme dei deputati dei verdi e del partito della sinistra.