Dopo la condanna della Cedu, Cipro teme l’arrivo dei libanesi
Mediterraneo Nicosia punita per un respingimento del 2020: «Mise a rischio la vita dei migranti». Per ora dalle coste beirutine partono solo yacht di lusso: il viaggio costa 5mila euro
Mediterraneo Nicosia punita per un respingimento del 2020: «Mise a rischio la vita dei migranti». Per ora dalle coste beirutine partono solo yacht di lusso: il viaggio costa 5mila euro
Tende posizionate sul lungomare di Larnaca, aeroporti pronti e hotel allertati su tutta la costa cipriota: dal primo ottobre il piano Estia, programma di evacuazione dal Libano di civili di stati terzi, è pienamente operativo. Cipro è designato come hub di transito e nonostante l’afflusso sia stato finora piuttosto limitato, i timori di un’impennata improvvisa dei numeri, per il precipitare della situazione, sono concreti.
Ma a oggi Cipro ha dovuto gestire il lavoro più facile: europei o libanesi con doppio passaporto giunti in aereo e pronti ad andarsene al più presto. A parte yacht di lusso che offrono passaggi a 5mila euro a persona, di barconi stipati ancora nulla. Ma la costa libanese dista meno di 200 chilometri, un viaggio di sei ore al massimo, e il protrarsi della guerra potrebbe cambiare le cose.
A NICOSIA lo sanno, per questo la sentenza emessa la scorsa settimana dalla Corte europea per i Diritti dell’Uomo (Cedu) che ha condannato la Repubblica di Cipro per il respingimento di un’imbarcazione di migranti proveniente dal Libano nel 2020, è stata un doccia gelata.
Per la prima volta, il governo cipriota viene condannato da Strasburgo per un caso di push back. I fatti sono stati portati all’attenzione dei giudici da due cugini siriani respinti su una barca con altri 30 migranti. «Una sentenza storica: si tratta di una stroncatura chiara e inequivocabile di una prassi che il governo cipriota mette in pratica da tempo», dice Nicoletta Charalambidou, parte del team di avvocati che ha portato il caso alla Cedu.
«Speriamo solo che il governo rispetti la sentenza; il presidente si è impegnato studiare il caso ma ha già messo le mani avanti, dando la colpa all’esecutivo precedente e reiterando di non aver operato alcun respingimento», prosegue Charalambidou. Proprio dal 2020, Cipro e il Libano hanno un’intesa che formalizza gli accordi di rimpatrio immediato, ossia i respingimenti, ma l’esistenza di questo documento, sbandierato in tribunale dagli avvocati dello Stato cipriota a riprova, credevano loro, di aver agito nella legalità, non ha impressionato affatto la Corte: «Nessun accordo bilaterale tra Stati può sospendere il diritto di presentare una domanda d’asilo», hanno tagliato corto i giudici.
«Cipro ha messo a rischio la vita di quelle persone, bloccandole a bordo e sottoponendole così a trattamenti inumani e degradanti in violazione dell’art.3 della Carta europea e continua impedendo ancora oggi ai migranti intrappolati nella Buffer Zone Onu da mesi, di presentare domanda d’asilo», spiega l’avvocata.
Proprio per i migranti rimasti bloccati nella Buffer Zone, l’area smilitarizzata che divide la Repubblica di Cipro e quella secessionista del nord, questa sentenza – che anticipa un altro caso che li riguarda direttamente – fa ben sperare, mentre il governo si trova con un problema enorme, soprattutto nella sventurata ipotesi che il conflitto in Libano e Gaza si allarghi: «Questa decisione è cruciale, proprio mentre la crisi politica nella regione peggiora e cresce il rischio di un aumento significativo degli arrivi via mare dal Libano», spiega Corina Drousiotou, del Cyprus Refugee Council. Anche la ong, che lavora sul campo con i richiedenti asilo, conferma di non aver registrato un’impennata di arrivi, seguiti all’espandersi della guerra.
Nel frattempo anche il piano che Nicosia aveva elaborato con l’Ue di dichiarare le aree siriane di Tartus, sulla costa, e di Damasco come zone «sicure» per ottenere una sponda legale ai respingimenti è franato con gli edifici distrutti dai bombardamenti. Con tutto questo attivismo da parte del governo cipriota è lecito chiedersi se ci sia stata un’impennata incontrollabile di arrivi dalla Siria.
STANDO alla coordinatrice di Refugee Council, la risposta è no. «Attualmente non c’è un’emergenza a causa di un alto afflusso di richiedenti asilo dalla Siria che giustifichi il ricorso a accordi di rimpatrio illegali – aggiunge – I cittadini siriani presenti sono arrivati in diverse ondate durante la guerra civile. E anche se ci può essere stato un leggero aumento degli arrivi nei primi mesi del 2024, questo è principalmente dovuto alla speranza di essere trasferiti in altri paesi Ue».
Vengono con l’obiettivo di andare altrove ma lasciare l’isola senza documenti è molto difficile e in assenza di politiche strutturali di redistribuzione, i richiedenti asilo continuano ad aumentare senza sosta, a tal punto che oggi Cipro si trova con il più alto numero pro capite di rifugiati in Europa. Intanto, la Cedu ha anche condannato il governo a versare 22mila euro di risarcimento ciascuno ai due ricorrenti, nonostante il presidente Nikos Christodoulides insista nel negare che Cipro, Stato occupato da una forza straniera e paese di rifugiati, chiuda la porta a chi fugge dalle guerre.
Sarà pure vero ma nella zona cuscinetto Onu ci sono ancora quei 100 richiedenti impantanati da prima dell’estate. E a nessuno di loro, fino ad oggi, è ancora stata data la possibilità di presentare domanda d’asilo.
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