Joan Subirats è un politologo e professore all’università autonoma di Barcellona e vicino al movimento «Barcelona en comu». In questi giorni ha partecipato al «Future Forum» promosso dalla camera di commercio di Udine (14-18 febbraio), una «fucina» di confronti e dibattiti sul futuro rivolti a imprenditori, rappresentanti delle istituzioni e dell’economia, delle formazioni sociali e culturali, agli studenti e a tutti i cittadini. A Subirats abbiamo chiesto del recente Congresso di Podemos e dell’importanza delle città nell’attuale scenario politico mondiale.

joan subirats

 

Partiamo da Podemos e da Vistalegre. Alla fine ha vinto Iglesias: cosa comporta questo successo per il futuro della formazione «morada»?

Penso che prima di tutto dobbiamo ricordare che Podemos è stata creata come organizzazione per arrivare al potere in fretta; quindi significa che dopo le elezioni comunali, che sono andate molto bene, sono arrivate le elezioni generali e in quel caso gli eventi sono andati in modo diverso dalle attese. Loro pensavano che sarebbero accadute due cose: che sarebbero risultati come la prima forza della sinistra e che avrebbero avuto la possibilità di formare un governo. Non è andata così, e il Psoe ha chiuso la possibilità di alleanza con Podemos. Tutta quella organizzazione che c’era, i circulos, ad esempio, sono stati creati in modo in fretta tipo franchising e non sapevano bene neanche loro chi fossero poi davvero i propri attivisti. Al recente congresso hanno votato in 150 mila ma nessuno conosce bene davvero la propria organizzazione. Non è male una così ampia partecipazione, ma non stiamo parlando di un partito politico tradizionale, Podemos è un partito del Ventunesimo secolo. Quando arriviamo al Congresso ci sono tre possibilità: una affidata a Pablo Iglesias, fondata sulla sua visione: dopo il grande momento di crisi politica dagli indignados in avanti fino alle elezioni comunale del 2015, il regime è stato capace di riorganizzarsi e il bipartitismo con l’aiuto di Ciudadanos, s nuovo partito ma tradizionale, è ancora dominante. Significa che Podemos non ha capacità di cambiare le cose e deve pensare a una strategia di scadenza più lunga, rinforzandosi dal punto di vista ideologico, come unica alternativa della sinistra, rinforzare le alleanze con IU. Dunque l’idea sarebbe: non ci sono possibilità di alleanza con chi fa parte del regime. La posizione di Errejon è diversa: noi dobbiamo cercare i voti che non abbiamo e questi voti li dobbiamo cercare nelle altre forze politiche, dobbiamo essere in grado di andare al di là delle frontiere naturali e crescere in una visione di alleanza, prendendo lo spazio dei socialisti. Significa fare un discorso non più radicale, ma un discorso più patriottico, più ampio. Le posizioni più politiche sono queste, poi ci sono gli anticapitalisti che sono più d’accordo con Iglesias…

Oltre al tema politico c’è quello organizzativo

Su questo punto Iglesias vuole rinforzare la leadership e centralizzare il partito, mentre Errejon e tutto sommato gli anticapitalisti sono più d’accordo con un’organizzazione confederale che riconosca la diversità delle forze politiche autonome, con cui allearsi come già fanno nei governi locali, regionali. Evidentemente la capacità di generare consenso al di là delle frontiere organizzative di Podemos è più caratteristica di Iglesias che di Errejon.

Conosci la situazione italiana, quali sono le differenze salienti tra Cinque stelle e Podemos?

I 5 stelle hanno diverse facce: più vicina a Podemos per quanto riguarda la sua capacità di riempire un vuoto. I 5 stelle offrono un sistema politico diverso, grazie a una capacità di rinnovamento che non hanno le altre forze politiche, almeno per quanto ho visto alle recenti comunali: hanno un’indubbia capacità di attiazione. Ma allo stesso tempo quando leggo le dichiarazioni di Grillo o altri dirigenti su temi come immigrazione o le diversità, non capisco molto bene i suoi atteggiamenti e credo siano preoccupanti. In questi casi hanno una posizione più simile ai populismi di destra. Podemos in questo senso è molto chiaro, vuole includere la diversità nella politica. Non cadere nella logica della chiusura. D’altra parte i 5 stelle hanno una organizzazione molto più controllata dalla leaderhisp, Podemos è più caotica ma orizzontale.

Qual è oggi, l’importanza delle città?

C’è questa presenza delle città spagnole anche ad appuntamenti internazionali. Le città hanno la capacità di essere attori globali, molto più importanti di quella che è la loro stretta analisi delle competenze. Sono attori globali perché le città quando si riuniscono con i loro sindaci, in cinque minuti parlano delle stesse cose: abitazioni, energie, acqua, mobilità, appalti, necessità dei salari degni per i lavoratori, e invece se pensiamo che ci si trovi i capi di stato, diventa improbabile, le differenze sono enormi. Le città hanno un discorso comune, si tratta di un network, di una diplomazia delle città, dalla grande rilevanza in rapporto agli stati-nazione.