Dopo il carbone, il petrolio. Nella lista Ue anche Kirill
Bruxelles Il sesto pacchetto di sanzioni, che propone un embargo graduale, dovrà essere approvato all’unanimità. L’Ungheria minaccia il veto
Bruxelles Il sesto pacchetto di sanzioni, che propone un embargo graduale, dovrà essere approvato all’unanimità. L’Ungheria minaccia il veto
C’è anche il capo della chiesa ortodossa Kirill nella nuova lista delle personalità politiche e militari che la Ue propone di colpire, nel sesto pacchetto di sanzioni che la Commissione ha concluso nella notte e che dovrà essere approvato all’unanimità dai 27, l’obiettivo è farlo entrare in vigore simbolicamente per la giornata dell’Europa, il 9 maggio. Kirill, per la presidente Ursula von der Leyen, è «uno dei maggiori sostenitori dell’aggressione russa contro l’Ucraina». Nella lista, di 58 nomi, ci sono militari responsabili dei massacri di Bucha e dell’assedio di Mariupol, oltre a moglie e figli del portavoce di Putin, Peskov. «Il messaggio è: sappiamo chi siete e dovrete rendere conto», ha affermato Ursula von der Leyen.
IL SESTO PACCHETTO propone un embargo graduale sul petrolio russo, l’esclusione dal sistema Swift, oltre che delle 7 banche colpite finora, anche della principale, Sberbank (già sotto embargo negli Usa), e di altri due istituti (Credit Bank di Mosca, Banca Agricola) e la chiusura delle trasmissioni (anche via Internet, cavo, app dei telefoni) di tre media russi legati al governo – Rossiya Planeta, Rassiya 24 e Tv Centre International – che «non potranno più diffondere contenuti sotto qualunque forma» nella Unione europea. La spiega così Von der Leyen: «Non diamo più un palcoscenico per diffondere le loro bugie».
DOPO AVER DECISO di mettere fine all’import di carbone russo da metà agosto, con il precedente pacchetto di sanzioni, per il petrolio russo, da cui l’Europa dipende per un po’ più di un quarto delle importazioni, ci sarà una transizione «in modo ordinato». In sei mesi verrà imposto un embargo sul grezzo, entro fine anno esteso anche ai prodotti raffinati. Per Ungheria e Slovacchia, che sono molto dipendenti dal petrolio (e dal gas) russo, sono previste deroghe: potranno importare grezzo un anno di più, fino alla fine del 2023, secondo i contratti esistenti. Per redigere il sesto pacchetto, che deve essere approvato all’unanimità, la Commissione ha ascoltato tutti gli stati membri, con il sistema dei “confessionali”, cioè dialogo tra Bruxelles e ogni capitale.
L’UNGHERIA CONTINUA a frenare e ancora ieri il governo Orbán ha dichiarato di non aver ottenuto le «garanzie» sufficienti per la sicurezza energetica e quindi metterà il veto, mentre la Bulgaria, cui Putin ha già chiuso i rubinetti del gas, cercherà di ottenere l’esenzione dall’embargo petrolifero.
Ma anche in altri stati ci sono delle riserve, in particolare alcuni vorrebbero accorciare il periodo di transizione. Il via libera per avviare la transizione sul petrolio è arrivato dalla Germania, che afferma di poter fare a meno delle importazioni dalla Russia a fine anno. Anche l’Austria ha tolto il veto.
L’Italia, come ha sostenuto Mario Draghi di fronte all’Europarlamento martedì, è d’accordo sulle sanzioni. La Commissione difende un approccio «in crescendo», per mantenere qualche arma in mano contro Mosca. Resta quindi ancora aperta la questione del gas, che verrà con un settimo pacchetto. Nel frattempo, la Ue punta a costruire la propria indipendenza dal fossile russo, cercando altre fonti di approvvigionamento, in particolare il Gnl, realizzando nuovi terminal, comprando in comune i combustibili per evitare un’ulteriore impennata dei prezzi. Il gruppo S&D ha messo in evidenza che «abbiamo dato 5,1 miliardi di euro in armi all’Ucraina e contemporaneamente pagato 63 miliardi alla Russia per i combustibili».
LA COMMISSIONE ha anche in programma un Recovery per la ricostruzione dell’Ucraina, riconoscendo di avere «una responsabilità molto speciale». Bruxelles vuole creare le condizioni per una futura appartenenza dell’Ucraina alla Ue, come richiesto dal presidente Zelensky. «Putin voleva cancellare l’Ucraina dalla Carta – ha affermato ieri Ursula von der Leyen – Chiaramente non ci riuscirà. Al contrario: l’Ucraina è cresciuta in coraggio e unità. Ed è il proprio paese che Putin sta affogando».
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