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Dopo-alluvione, il governo stavolta s’infanga da sé

Dopo-alluvione, il governo stavolta s’infanga da sé

Tempo scaduto Il ministro Musumeci ai Comuni: «Non siamo un bancomat». E gli Enti locali, dissociati, chiedono interventi sull’emergenza ma pianificano opere che devastano il territorio

Pubblicato più di un anno faEdizione del 17 giugno 2023

Sostiene Federica Mazzoni, Segretaria del Pd bolognese: «La salute dei cittadini è più importante», in polemica con l’amministrazione dell’aeroporto di Bologna che afferma di non poter far nulla circa il rumore assordante prodotto dai velivoli rendendo la vita impossibile a chi vive nei dintorni. Eppure, la Regione Emilia Romagna e gli Enti Locali continuano a promuovere contemporaneamente 4 aeroporti (Bologna, Forlì, Parma e Rimini) senza misurarsi fino in fondo con le compatibilità dei contesti urbani ed ecologici.

È quella stessa dissociazione – che pare vera e propria schizofrenia – che si manifesta anche nei confronti della catastrofe che dal 17 maggio ha colpito i territori da Bologna a Rimini. Da un lato la richiesta al governo di un pronto intervento a favore delle popolazioni, per un danno che si stima ormai vicino a 7 miliardi di euro. Dall’altro la più assoluta non chalance nel continuare a perseguire progetti che vanno nella direzione opposta: dal polo logistico di Piacenza all’area attorno all’aeroporto di Parma, dal passante autostradale di Bologna da estendersi fino a 18 corsie alle varie bretelle autostradali, inclusa quella che dovrebbe perforare, una volta di più, l’Appennino a sud di Bologna per collegare due valli. Come se, anche in questo caso, la salute dei cittadini non fosse più importante.

Già Antonio Cederna nel suo La distruzione della natura in Italia aveva nel 1975 affermato: «La prospettiva è un’insensata proliferazione di strade e di case che porterà alla distruzione irreparabile del nostro territorio» (pag.370). «L’incisione dell’ecosistema provoca un aumento del ruscellamento di superficie e la degradazione dei terreni, con conseguenti pericoli di frane e possibili alluvioni più in basso» (p.374).

Così è stato. Sembra che gli amministratori locali e regionali non sappiano vedere che, se anche noi, nel nostro piccolo, non facciamo di tutto per limitare la cementificazione, il consumo di suolo, la combustione di carburanti fossili, l’emissione di gas serra non farà che peggiorare il cambiamento climatico, di cui le precipitazioni eccezionali di maggio sono state un esempio.

Perché, in fondo, si vuol essere rassicuranti. È stato un evento eccezionale e se ha avuto quegli effetti è perché non poteva essere diversamente, con tutta l’acqua che è venuta. C’erano già state alluvioni in passato e «la gente di Romagna» le seppe superare, adattando la natura e il territorio alle sue esigenze.

Ma ciò che andrebbe detto, oggi, è che le priorità, d’ora in poi, dovranno essere diverse, guai tornare al «tutto come prima». Invertendo la rotta, come, ad esempio, imponendo da subito una moratoria su tutte le nuove opere, in attesa della «messa in sicurezza» del territorio.

Il governo nazionale, da parte sua, gongola vergognosamente, perché vede un Pd in difficoltà, criticato sul terreno della buona amministrazione. Ma è un esecutivo pavido e imbelle, che di fronte all’emergenza ha la faccia tosta, per bocca di Musumeci ministro della Protezione civile, di dire che «il governo non è un bancomat»: lo dicessero davanti a quelle decine di sfollati, di persone che hanno perso tutto, di chi ha visto la propria casa travolta dalla frana.

Già il Pnrr ci pare un’occasione perduta. Invece di favorire il trasporto su rotaia si privilegiano l’alta velocità e il taglio delle ferrovie minori; nuove autostrade invece di adeguare un sistema viario vecchio e poco manutenuto. Con la complicità di tutti. Oggi che, invece, sarebbe più che mai necessaria una risposta equa, davvero ambientalista, per un futuro vivibile per tutti. Ma, si sa, la politica vive di consenso e fare il lavoro “sporco” non paga quanto confezionare un giocattolo nuovo.

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