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Donald Trump è il sintomo, non la causa

Donald Trump è il sintomo, non la causaL'arrivo di Donald Trump alla conferenza stampa di ieri a Mar-a-Lago – Ap

America oggi Comunque vada, decine di milioni di persone voteranno per il candidato che definisce «vermi» i suoi avversari, che vuole deportare milioni di persone e stroncare ogni protesta con l’esercito. Come scrive la filosofa Wendy Brown, «se l’establishment politico liberale non si chiede quale sia stato il vento che lo ha sospinto fin qui, non capirà le origini e il propellente del pensiero e delle pratiche antidemocratiche contemporanee»

Pubblicato un giorno faEdizione del 30 ottobre 2024

Martedi prossimo metà degli elettori americani voterà per il fascismo. Chi diventerà presidente lo sapremo solo dopo conteggi e riconteggi, ricorsi ai tribunali e probabilmente anche alla Corte Suprema: quello che tuttavia sappiamo già è che il candidato che definisce «vermi» i suoi avversari politici, che promette di deportare milioni di persone e di usare l’esercito contro chi osasse protestare raccoglierà il consenso di decine di milioni di persone. Donald Trump è percepito da molti come una macchietta, un buffone, un demagogo creato dalla televisione e ovviamente c’è molto di vero in tutto questo, ma lui è un sintomo, non la causa di quanto sta accadendo.

In un’intervista alla Boston Review, la filosofa Wendy Brown ha offerto una spiegazione: «Non è stato Trump a trascinare la nazione verso l’estrema destra e, se l’establishment politico liberale non si chiede quale sia stato il vento che lo ha sospinto fin qui, non capirà le origini e il propellente del pensiero e delle pratiche antidemocratiche contemporanee. Ignorerà la mancanza di prospettive e l’ansia della classe media e delle classi lavoratrici causate dal neoliberismo e dalla finanziarizzazione; ignorerà l’irresponsabile allineamento del Partito democratico con quelle forze durato decenni; trascurerà il fatto che i media mainstream non rispondono a nessuno e sono stati comprati (dai miliardari, ndr); rifiuterà di vedere l’assalto diretto e indiretto del neoliberismo ai principi e alle pratiche democratiche, così come all’istruzione pubblica degradata e denigrata; l’establishment politico liberale rifiuta di vedere la crescente ansia per l’incapacità della democrazia costituzionale di affrontare le più grandi sfide del nostro tempo, in particolare, ma non solo, la catastrofe climatica e le devastanti disuguaglianze globali derivanti da due secoli di impero euro-atlantico. Senza affrontare questi temi, non saremo in grado di sviluppare prospettive democratiche per il prossimo secolo».

Gli avvenimenti degli ultimi giorni, con Trump leggermente favorito, confermano ampiamente l’analisi di Wendy Brown. Prima di tutto c’è il netto divario fra lo stato dell’economia americana e la percezione che ne ha la maggioranza dei cittadini: due terzi degli americani pensano che il paese sia «sulla strada sbagliata». Per capirne di più occorre andare indietro nel tempo: nel 1980 i lavoratori bianchi senza laurea con un impiego a tempo pieno guadagnavano il 7% in più della media dei lavoratori nel loro complesso. Erano i metalmeccanici, gli operai dell’auto, gli edili, i costruttori di ponti e di grattacieli. Oggi portano a casa il 14% in meno.

I posti di lavoro ci sono, ma nei servizi: logistica, fast food, motel, posti non qualificati nella sanità. L’economia post-Reagan ha subito una violenta finanziarizzazione che ha permesso a chi ha la laurea di cavarsela (banche, studi legali, assicurazioni) mentre tutti gli altri sono rimasti indietro. Per la prima volta nella storia americana anche le donne nere o ispaniche, se laureate, guadagnano in media più dei maschi bianchi che non sono andati oltre la maturità.

Delusione e risentimento per la perdita di status sono più evidenti in quelle che alcuni ricercatori hanno definito le «città dimenticate», quelle tra i15mila e i 150mila abitanti dove il reddito familiare medio è inferiore a $ 35mila annui. Recentemente, il sociologo urbano Michael Bloomberg ha analizzato le 179 città presenti nella lista, di cui 37 si trovano in Pennsylvania, Michigan e Wisconsin. E in testa alla classifica, con 23 città, c’è l’Ohio, l’ex cuore industriale degli Stati uniti insieme al Michigan.

In questi agglomerati urbani domina la nostalgia per un passato in cui l’impiego in una fabbrica sindacalizzata era il biglietto d’ingresso nella classe media: casa di proprietà, due auto, scuole decenti per i figli, qualche piccola vacanza. Tutto questo non c’è più, malgrado le iniziative dell’amministrazione Biden per una «reindustrializzazione» degli Stati uniti. Il vedere fabbriche e negozi chiusi è la migliore propaganda per Trump ed è anche il motivo per cui le giustificatissime accuse di autoritarismo e razzismo nei suoi confronti hanno scarsa presa: se la democrazia di Biden, e in precedenza Obama o Clinton, ha prodotto questo, perché non sperimentare l’uomo forte, quello che rimetterà le cose a posto?

Gli Stati Uniti hanno sempre avuto correnti nativiste, xenofobe e autoritarie al loro interno: se oggi sono più forti, al punto di poter vincere le elezioni con un candidato ammiratore di Hitler, la ragione sta nella violenta dislocazione sociale e culturale avvenuta negli ultimi 40 anni di neoliberismo. Un terremoto che ha fatto uscire dalla clandestinità idee sostanzialmente fasciste, a cui i miliardari sembrano perfettamente in grado di adattarsi, certi del loro potere sui politici, Trump compreso.

Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, è sempre sul palco con Trump. Jeff Bezos ha brutalmente impedito al Washington Post di sostenere pubblicamente Kamala Harris e il proprietario del Los Angeles Times Patrick Soon-Shiong ha fatto lo stesso con il suo quotidiano. I fratelli Koch sono da decenni il bancomat dell’estrema destra. Murdoch sostiene Trump con i suoi giornali e con Fox News. Warren Buffett, Jamie Dimon e decine di altri plutocrati tacciono o sostengono i repubblicani.

Quando Sinclair Lewis scriveva il romanzo It can’t happen here («Qui non è possibile») era il 1935. Novant’anni dopo, invece, può succedere davvero.

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