In meno di tre mesi, tra il novembre scorso e il gennaio di quest’anno, il sindaco leghista di Ferrara Alan Fabbri è passato dal celebrare l’apertura di un nuovo Centro di permanenza per i rimpatri come «un’opportunità» per il territorio estense a farsi fotografare con l’aspirante vicesindaco Alessandro Balboni su un cartellone che dice «Grazie a Fratelli d’Italia il Cpr non si farà». Complici le elezioni amministrative del prossimo giugno, e la maggioranza dei cittadini contraria, la destra ha fatto un’inversione a U. Di certo non basta, di certo non ci si può fidare: per questo sabato prossimo nelle strade del capoluogo emiliano sfilerà un grande corteo contro l’apertura di nuove strutture per la detenzione amministrativa dei migranti. A Ferrara o altrove.

Dal decreto Cutro in poi il governo Meloni ha rilanciato la mala accoglienza di tipo emergenziale e il sistema dei Cpr dichiarando di volerne imporre almeno uno per regione. A ottobre dello scorso anno, dopo le notizie sull’apertura di uno di questi centri a Bologna, una manifestazione cittadina ha rispedito al mittente la proposta. Successivamente si è parlato di realizzarlo a Ferrara. Nel frattempo era nata la rete regionale «No Cpr-No grandi centri» decisa a opporsi anche a questa eventualità.

La rete, che ha lanciato una serie di presidi sotto le prefetture e la manifestazione cittadina che si terrà domani, è memore di quanto successo qualche anno fa a Bologna dove un Cpr è stato fatto chiudere (e letteralmente smantellato da chi protestava) dopo una lunga stagione di lotte. Quelle mobilitazioni furono in grado di allargare il consenso e far cambiare opinione anche alle amministrazioni territoriali. Così gli amministratori regionali e comunali del Pd che prima appoggiavano tali strutture adesso sono contrari ad aprirne di nuove.

Attualmente i Cpr in Italia sono 10, tre dei quali sotto indagine per reati come truffa, maltrattamenti, violenza privata pluriaggravata, falso ideologico e crimini di natura fiscale. A essere inquisiti sono gli enti gestori ma anche agenti di polizia e personale medico. Tra le accuse quella più odiosa è la somministrazione di massicce dosi di psicofarmaci ai migranti a loro insaputa, con lo scopo di sedarli.

I Cpr sono luoghi inaccessibili dove di continuo avvengono soprusi e violenze che spesso portano ad autolesionismo e persino a suicidi. L’ultimo è quello di Ousmane Sylla, avvenuto a inizio febbraio a Ponte Galeria dove il ragazzo era stato trasferito dal Cpr di Trapani. Basta un documento di soggiorno scaduto, ovvero un reato amministrativo e non penale, per ritrovarsi dietro le sbarre di luoghi peggiori delle carceri. Luoghi dove spesso finiscono persone usate come forza lavoro senza diritti finché servono, da rispedire al mittente quando non sono più utili.

A Ferrara e in Emilia-Romagna si sta alzando un’opposizione composta da cittadine e cittadini contrari a modelli di reclusione e segregazione che va insieme a quella di tante realtà che ogni giorno praticano un’accoglienza degna, a favore di percorsi di autonomia e integrazione in spazi urbani aperti e plurali. Città che guardano a un’Europa di ponti, libertà e giustizia sociale, contro muri, discriminazioni e politiche suprematiste e nazionaliste. Città in cui non devono nascere nuovi Cpr ma vanno chiusi quelli ancora aperti. Città in cui non si deve alzare il livello di repressione partendo dai migranti per poi arrivare a studenti e attivisti. I Cpr, come i manganelli nelle piazze e le misure cautelari contro gli attivisti bolognesi, riguardano tutti.

* L’autore è tra gli organizzatori del corteo a Ferrara e uno dei sei destinatari dei divieti di dimora nel comune di Bologna disposti martedì scorso, per la resistenza allo sgombero di un’occupazione abitativa