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Dissesto idrogeologico e dissesto istituzionale

Dissesto idrogeologico e dissesto istituzionaleAlluvione a Forlì, LaPresse

Un brutto ambiente Si tratta della dissoluzione dello Stato che prosegue da ben oltre 40 anni. Essa consiste essenzialmente nella dispersione della responsabilità politica e del potere di agire in un vastissimo numero di attori che rende a tratti difficilissimo capire chi ha il diritto di fare cosa

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 3 ottobre 2024

Mentre ancora gli elicotteri giravano sulla Romagna in cerca di persone da salvare, il ministro per la protezione civile e le politiche del mare Musumeci accusava la regione Emilia-Romagna di non aver speso le centinaia di milioni di euro che vari governi avrebbero erogato alla Regione negli ultimi dieci anni.

Immediatamente la Regione ha risposto, attraverso le figure dell’ex presidente Bonaccini, della facente funzioni Priolo e del candidato (nonché sindaco di Ravenna e presidente della provincia) De Pascale, da un lato rivendicando di avere speso l’intero importo e dall’altro accusando il governo e la struttura commissariale guidata da Figliuolo di non avere speso i fondi stanziati dal PNRR per il dissesto idrogeologico. In questa confusione di rimpalli di responsabilità e di accuse reciproche tra una molteplicità di istituzioni emerge con massima evidenza un problema che va ben oltre lo scontro politico tra partiti concorrenti.

Si tratta, in breve, della dissoluzione dello Stato che prosegue da ben oltre 40 anni. Essa consiste essenzialmente nella dispersione della responsabilità politica e del potere di agire in un vastissimo numero di attori che rende a tratti difficilissimo capire chi ha il diritto di fare cosa. Anche ora, in Emilia-Romagna sono presenti due strutture commissariali (una per alluvione), le amministrazioni locali, la Regione, le Provincie e lo Stato centrale che agiscono l’una sull’altra, senza che sia chiaro non solo di chi sono le responsabilità di quanto accaduto, ma anche di quanto andrebbe svolto. La questione che emerge in questo scontro non è semplicemente la mancanza di fondi (che in realtà esistono, per quanto non in misura sufficiente), bensì l’incapacità delle varie istituzioni di intervenire concretamente su un territorio che andrebbe completamente ripensato e la cui ricostruzione richiederebbe interventi straordinari, probabilmente inediti per la storia del Paese.

Per quanto possa indignare, la proposta (poi moderata) dello stesso ministro Musumeci di un’assicurazione obbligatoria per i cittadini che vivono in territori a rischio rientra perfettamente in questa congiuntura. Tale proposta rappresenta la rinuncia definitiva del Governo di intervenire concretamente nella pianificazione e nella ristrutturazione del territorio a fronte della crisi ecologica. Musumeci è consapevole che questo tipo di eventi naturali continueranno ad accadere, ma aggiunge, con una violenza che lascia stupiti ma che aiuta a comprendere la fase storica in cui ci troviamo, che “È finito il tempo in cui lo Stato poteva erogare risorse per tutti e per sempre”. In altre parole: arrangiatevi. E fate arricchire le compagnie assicurative.

Pochi giorni dopo, la sera del 24 settembre, il sindaco di Faenza Massimo Isola inviava una lettera al Presidente della Repubblica. Questa lettera e il relativo comunicato sono allo stesso tempo un tentativo di superare questa situazione di dispersione delle competenze e un modo di sottolinearla. Isola dichiarava infatti che il Comune di Faenza, uno dei più colpiti dall’alluvione del 2023 e anche, in misura minore, da quella di qualche giorno fa, si sarebbe assunto la responsabilità di interventi sul territorio anche di competenza di altre amministrazioni, al fine di accelerare i lavori saltando gli iter le procedure amministrative.

Isola, in questa lettera, rivendicava per il futuro una “disobbedienza civile” della sua amministrazione. Tale documento nasce anche dalla protesta di piazza del giorno precedente, dove centinaia di cittadini alluvionati si sono assiepati sotto il comune di Faenza accusando tutte le istituzioni (dal governo al Comune) della loro condizione.

La scelta del sindaco di Faenza, come è evidente, è un tentativo disperato di assumere il potere di agire in un contesto in cui è certo che è solo questione di tempo prima che avvenga un’altra alluvione. Naturalmente, anche qualora riuscisse, esso approfondirebbe lo stato di rifeudalizzazione di cui si parlava prima. D’altra parte, il governo è il primo promotore di questo processo.

L’Autonomia Differenziata, insieme al premierato madre delle battaglie di questo esecutivo, è la conferma definitiva di questa polverizzazione dello Stato e una sua implementazione renderebbe ancora più impossibile quegli interventi straordinari per ambizione e costi che soli possono assicurare l’abitabilità di un territorio come quello romagnolo.

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