Internazionale

Da Baku a Roma fino a Bruxelles: un’amicizia basata sul fossile

Un pozzo di petrolio a Baku, AzerbaigianUn pozzo di petrolio a Baku, Azerbaigian – Ap

Cop29 Dalla guerra russa all’Ucraina il rapporto speciale dell’Azerbaigian con l’Italia, che da sola fa il 45% dell’export

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 16 novembre 2024

Ilham Aliyev, da vent’anni presidente dell’Azerbaigian, sta usando la ‘sua’ Cop29 per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. E di fronte alle accuse della stampa occidentale, che gli rimprovera un’economia sostanzialmente dipendente dagli idrocarburi nonostante gli impegni per la decarbonizzazione, ha risposto ricordando chi è, ad Ovest, a usare quei fossili.

Esportare più gas verso l’Europa «non è stata una nostra idea» ha spiegato dal palco del summit sul clima di Baku, «bensì una proposta della Commissione europea». Il riferimento è a un incontro con Ursula von der Leyen nel luglio del 2022: in quell’occasione l’Ue si impegnò a duplicare l’importazione di gas dai giacimenti azeri.

«Gli serviva il nostro gas per via della mutata situazione geopolitica, e ci hanno chiesto una mano» ha concluso Aliyev. Ed è tutto vero: in quel momento molti Paesi del continente si chiedevano come sostituire il gas russo da cui dipendevano, e l’Azerbaigian apparve da subito come una delle soluzioni. La ragione politica e morale di questa necessità, si diceva all’epoca, è smettere di finanziare la guerra russa in Ucraina.

Peccato che anche l’Azerbaigian sia stato impegnato in una guerra negli ultimi anni: quella per il controllo del Nagorno-Karabakh.

Gli idrocarburi sono la chiave del rapporto tra Azerbaigian ed Europa – e ancora più di quello tra Azerbaigian e Italia. È in territorio azero, allora ancora Impero Russo, che nel 1848 venne estratto il primo barile di petrolio. A distanza di un secolo e mezzo, i combustibili fossili rappresentano il 35% del Pil del Paese, e la parte indispensabile della sua economia.

I dati li mette in fila il think-tank Ecco nella sua analisi dei rapporti energetici Baku-Roma. Il 95% dell’export azero (e il 90% dei profitti) consiste in combustibile fossile, così come il 60% delle entrate pubbliche. Senza vendere gas e petrolio non si pagano gli stipendi e non si aprono i negozi. E come ricordava Aliyev, questi idrocarburi hanno anche dei compratori. L’Unione europea è il primo partner commerciale del Paese, seguito da Russia e Turchia. L’Italia da sola fa il 45% dell’export.

L’Azerbaigian, a differenza di Georgia e Moldavia, non ha firmato nessun accordo di associazione con l’Unione, ma questo non le impedisce di coltivare ottimi rapporti economici con il vecchio Continente. Tramite l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan esporta petrolio, e tramite il Corridoio Meridionale del Gas, il metano. Proprio quest’ultimo progetto, composto da tre diversi gasdotti, ci riguarda da vicino. Il tratto finale, il Trans-Adriatic Pipeline, è al 20% dell’italiana Snam e approda a Melendugno, in Puglia.

L’Azerbaigian ci vende il 57% del suo petrolio e il 20% del suo gas. Dal punto di vista di Baku, siamo i primi compratori di entrambe le sue specialità della casa. Dal nostro punto di vista, l’Azerbaigian è relativamente marginale dal lato del petrolio ma centrale per quanto riguarda il gas, almeno da quando è scoppiata l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte russa e il conseguente allontanamento dalle risorse energetiche di Mosca. Solo l’Algeria ci vende più metano.

Discorso a parte riguarda la presenza delle aziende italiane in loco. Eni di per sé non avrebbe interessi nel paese, ma proprio quest’estate ha firmato un protocollo d’intesa con Socar – l’azienda estrattiva di Stato – per, tra le altre cose, valutare collaborazioni nell’estrazione di idrocarburi. Anche Snam ha all’attivo un patto firmato con Socar, ma nel 2020, mentre i gruppi finanziari pubblici Sace, Simest e Cassa Depositi e Prestiti sono interessati a finanziare un impianto petrolchimico. Ben più presente Saipem, che gestisce un impianto off-shore per conto della britannica Bp e ha due società controllate sul territorio.

Con questi presupposti economici ed energetici, la vicinanza politica è quasi scontata. Nel 2020 Ilham Aliyev è venuto in Italia, prima visita ufficiale per un capo di stato azero. Tanti i progetti lanciati, annunciato o promessi: dall’istituzione dell’Italy-Azerbaijan University, all’ipotesi di vendere agli azeri Acciaierie d’Italia – che controlla l’ex-Ilva di Taranto – alla difesa: Leonardo venderà veicoli da trasporto tattico alle forze aree di Baku.

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