All’ospedale di Popoli, dove fa tappa la campagna elettorale dem, Elly Schlein trova le porte sbarrate. «In merito alla preannunciata visita istituzionale – fa sapere il direttore sanitario Alterio Fortunato – si ritiene che la stessa sia al momento non opportuna». Motivo? «Ragioni di tutela della salute e di ordine igienico sanitaria», nonché per «la necessaria serenità e riservatezza dei pazienti impegnati in percorsi terapeutici complessi e accompagnati da sofferenza».

Così Schlein, in Abruzzo a sostenere Luciano D’Amico, deve spostarsi all’esterno della struttura per parlare di sanità. Tutti o quasi pensano a un divieto calato dall’alto dal presidente in carica Marsilio, che negli ospedali ha potuto far campagna indisturbato. «Se fosse stato per il Pd – ribatte l’assessora alla salute Nicoletta Verì – l’ospedale di Popoli sarebbe chiuso da anni», riferendosi a un piano di riorganizzazione ospedaliera datato 2016, quando in giunta c’era il centrosinistra.

È un solo un dispetto elettorale. Ma dimostra che sul dossier sanitario si gioca una percentuale rilevante di consensi. Guadagnarne, per chi ha governato finora, è difficile. Soprattutto se nei 5 anni della destra in giunta i problemi sono rimasti gli stessi o si sono aggravati. Basta leggere i dati sulle liste d’attesa: a Pescara i tempi medi per esami e visite sono quasi raddoppiati dal 2019 a oggi. A gennaio 2024 per un’elettromiografia non urgente occorreva aspettare mediamente 429 giorni, quasi un anno e mezzo. Nello stesso mese di 5 anni fa ne bastavano 97. Salita da 38 a 84 giorni l’attesa per un elettrocardiogramma non urgente, da 49 a 97 per una visita cardiologica, da 149 a 186 per una mammografia.

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Anche a Chieti si aspetta parecchio più di prima (+70% in media) mentre si registrano leggeri miglioramenti nelle due province meno popolose, l’Aquila (-20%) e Teramo (-14%). Sono però tempi medi, che nascondono i ritardi peggiori. Come quello denunciato ieri da una paziente aquilana che ha postato sul web la data di prenotazione di una colonscopia: 5 agosto 2025. «Da dieci anni – spiega – mi sottopongo alla colonscopia all’ospedale San Salvatore e non ho mai dovuto aspettare oltre gli 8-9 mesi, nemmeno durante la pandemia».

A fine mandato, la Regione ha provato a rimediare attivando un numero verde per gli utenti che non riescono a trovare posto nei tempi stabiliti. Secondo la sezione abruzzese dell’Associazione Salute Diritto Fondamentale si tratta di un fallimento annunciato. «Vista la carenza di operatori sanitari e in attesa che se ne formino altri, meglio richiamare in servizio a progetto i dipendenti andati in pensione» suggerisce il presidente Walter Palumbo.

Anche secondo gli indici che valutano i Livelli essenziali di assistenza sanitaria l’Abruzzo ha visto peggiorare la sua performance. Fino al 2019, raggiungeva la sufficienza in tutte e tre le aree (prevenzione, assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera). Nel 2020 per la prima volta è stata inserita tra le regioni inadempienti e anche la valutazione provvisoria del 2022 vede peggiorare il giudizio in quest’area.

Altra tara storica: la gestione delle emergenze sanitarie, non facile per un territorio in gran parte montuoso. L’Abruzzo è una delle regioni in cui occorre attendere più tempo (24 minuti in media) per l’arrivo di un’ambulanza. Solo in Basilicata, Calabria e Sardegna si aspetta di più. Appena il 46% degli anziani con frattura al femore riesce a farsi operare nel giro di 48 ore, quartultima performance regionale in Italia. L’Abruzzo è l’unica regione in cui non esiste un Dipartimento di Emergenza e Accettazione (Dea) di II livello, cioè un pronto soccorso in grado di ricevere casi di tutti i livelli di complessità. Quelli più complessi devono essere trasportati a Roma o a Ancona. Accade persino a Pescara, un pronto soccorso da 90.000 accessi l’anno, cioè quanto gli ospedali più grandi del Lazio (dove i Dea di secondo livello sono cinque).

Alla fine del 2023 la Regione ha ottenuto dal ministero la sospirata approvazione della riorganizzazione della rete ospedaliera dopo 8 bocciature nei 7 anni precedenti. Eppure nemmeno nella nuova rete è previsto un pronto soccorso all’altezza: Marsilio promette di individuarne uno entro 2 anni.

Lo stato della sanità si riflette nel numero di abruzzesi che vanno a curarsi fuori regione, circa il doppio di quelli accolti in Abruzzo da altre aree. Durante l’amministrazione di Marsilio si è toccato il saldo negativo peggiore, con 102 milioni di euro di costi per la regione. Sebbene sia lievemente calato nel 2022, il saldo negativo pro-capite è rimasto il più alto d’Italia dopo Calabria, Basilicata e Val D’Aosta. Non andava molto meglio con il centro-sinistra al governo. Ma anche con la destra chi ha potuto curarsi lontano dall’Abruzzo lo ha fatto.