Il governo nomina i vertici della sanità: non c’è neanche una donna
Spoil system La fedeltà alla destra conta più delle competenze. E si rinnova il monopolio maschile
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È Francesco Fera il quarto consigliere di amministrazione dell’Agenzia Italiana del farmaco. Assumerà anche l’incarico di presidente dell’Agenzia ad interim dopo le improvvise dimissioni di Giorgio Palù. Si conclude così una lunga tornata di nomine di ambito sanitario che ha riguardato, oltre all’Agenzia del farmaco, l’Istituto superiore di Sanità e lo stesso ministero della salute.
Tra i nuovi super-dirigenti nominati dal governo e dalle regioni non compare nemmeno una donna: undici poltrone su undici sono state assegnate a uomini, in molti casi senza particolari titoli. Sono tutti maschi i consiglieri di amministrazione dell’Aifa (oltre a Fera, Vito Montanaro, Angelo Gratarola, Emanuele Monti e l’ormai ex Palù), ma anche il direttore scientifico Pierluigi Russo e quello amministrativo Giovanni Pavesi. È un uomo il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Rocco Bellantone, così come i tre nuovi capi-dipartimento del ministero Giovanni Leonardi, Francesco Saverio Mennini e Giuseppe Celotto. Le nomine si aggiungono a quelle ereditate dal governo Draghi, che pure non brillò per attenzione alla diversità di genere: al vertice dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali ci sono ancora il presidente Enrico Coscioni e il direttore generale Domenico Mantoan. La composizione dei vertici delle principali istituzioni sanitarie del Paese cozza con la realtà di un settore sempre più femminilizzato. Secondo il recente rapporto sul personale del Servizio sanitario nazionale (riferito però al 2021), le donne rappresentano il 69% di chi lavora nella sanità pubblica, una percentuale in crescita rispetto al 64% del 2020. Sono donne il 51% dei dirigenti medici, il 73% degli amministrativi, il 78% degli infermieri, l’81% dei ricercatori attivi nel Ssn. La proporzione cambia man mano che si sale nelle gerarchie: secondo la fondazione Openpolis è maschio l’80% dei direttori generali delle aziende sanitarie locali.
Non è una novità: anche con i governi precedenti le donne avevano ottenuto scarsa rappresentanza. Ma ci si attendeva che, vista la recente attenzione al tema, almeno per l’Agenzia del Farmaco si sarebbe rispettata almeno una quota rosa di testimonianza. Invece ha prevalso l’amichettismo secondo cui la fedeltà vale più della competenza. Il neo-presidente dell’Aifa Fera è avvocato, di mestiere si occupa di politiche giovanili e non ha alcuna esperienza in ambito sanitario. Però è barese come il sottosegretario alla salute Marcello Gemmato, il vero uomo forte del ministero. Di Gemmato Fera non è solo conterraneo: ai tempi del quarto governo Berlusconi, collaborava con l’«Associazione Levante», il circolo della destra barese presieduto da Gemmato, e gestiva progetti finanziati dall’allora ministra della gioventù Giorgia Meloni. Un «curriculum» simile a quello dello sconosciuto farmacista barese e amico personale di Gemmato Enzo Lozupone, scelto tra i dieci esperti dell’Aifa e senza alcuna esperienza scientifica.
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