Alcuni giorni fa, lo Uaw Local 4811, il sindacato che rappresenta 48mila lavoratori accademici nei dieci campus dell’Università della California, ha autorizzato uno sciopero che è iniziato ieri nel campus di Santa Cruz. Il sindacato intende adottare la tattica dello stand-up strike, utilizzata con successo lo scorso anno dai lavoratori del settore automotive. Si tratta essenzialmente di uno sciopero a scacchiera, in cui i lavoratori di diversi siti produttivi possono essere chiamati a fermarsi in momenti diversi per massimizzare l’effetto complessivo dei blocchi.

I membri del Uaw 4811 sono in buona parte studenti lavoratori che operano come teaching assistants: senza di loro gran parte dei corsi universitari non potrebbero continuare, e non si potrebbero tenere gli esami. Considerando che in molti campus manca circa un mese alla fine delle lezioni, e quindi agli esami e alle cerimonie di laurea, si può capire l’effetto dirompente che potrebbe avere uno sciopero di questo tipo.

Ma l’aspetto più importante da notare sono le motivazioni dello sciopero. In passato questo sindacato si è mosso, prevedibilmente, a difesa dei salari e delle condizioni di lavoro dei suoi membri. Ora invece, lo Uaw 4811 dichiara di reagire alla violazione del loro diritto alla protesta e alla libertà di parola. Sono quindi motivi politici: una risposta diretta alle azioni di quelle amministrazioni universitarie californiane che hanno chiamato la polizia sui campus per sgombrare studenti che dimostravano pacificamente.

È la prima volta che un sindacato interviene direttamente nella questione degli accampamenti pro-Palestina. Lo Uaw 4811 condanna in particolare gli sgomberi forzati e gli arresti avvenuti nei campus di Ucla e Irvine, che considera illegittimi. È chiaro il valore simbolico di questo sciopero, che viene definito dai suoi promotori un atto di solidarietà a studenti e lavoratori coinvolti, nonché un messaggio ai lavoratori di tutta la California.

Nel posizionare il diritto di parola e di protesta pacifica al centro del dibattito sulle proteste pro-Palestina, lo Uaw 4811 si riconnette alle radici del movimento sindacale americano e alle sue lotte per i diritti civili dei lavoratori. Ma c’è anche un richiamo esplicito al Free Speech Movement che inizia sul campus di Berkeley nel 1964. È bene ricordare che questo movimento non nacque come una discussione legalistica sul primo emendamento alla costituzione americana, e sui suoi limiti di applicazione. Nacque invece come risposta concreta degli studenti alla proibizione di parlare di politica sul campus, in un momento di gravi tensioni e di lotte per i diritti civili.

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L’esclusione della politica dai campus, che aveva caratterizzato la prima fase della guerra fredda, divenne insostenibile nel contesto delle lotte contro la segregazione razziale nei primi anni Sessanta. Nell’estate del 1964, un gruppo di studenti di Berkeley raggiunse il Mississippi per aiutare alcune comunità nere a registrarsi e quindi esercitare il diritto di voto, che fino a quel momento era stato di fatto negato. Chi si registrava si esponeva a rischi di rappresaglia in una zona dove il Ku Klux Klan commetteva violenze, omicidi, e atti terroristici.

Ritornati sul campus, gli studenti scoprirono di non poter continuare la loro campagna a sostegno dei diritti civili perché si trattava di argomenti politici. Mario Savio, uno studente italo-americano che divenne il leader del movimento, disse che tradire la fiducia di coloro che si erano registrati sarebbe stato «vergognoso». Iniziarono quindi le proteste studentesche: le tattiche utilizzate, come i sit-in, erano quelle usate dagli attivisti neri a Greensboro, North Carolina, e nella campagna del 1963 a Birmingham, Alabama.

A sessant’anni esatti da quella scelta di giustizia sociale, ci troviamo di nuovo a discutere quali siano i limiti del free speech e del diritto alla protesta pacifica sui campus universitari e non solo, ma anche sui luoghi di lavoro più in generale, come mostra la solidarietà di Uaw 4811. E forse non è un modo inappropriato di celebrare l’eredità politica e morale dei fatti del 1964.