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Dilma Rousseff, partita finale

Dilma Rousseff, partita finaleIn Argentina si manifesta contro il golpe in Brasile – La Presse

Brasile Per le olimpiadi, arrivano gli addestratori Usa

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 3 agosto 2016

Il processo politico contro la presidente Dilma Rousseff, sospesa dall’incarico il 12 maggio, è entrato ieri nella fase finale. Il senatore Antonio Anastasia, relatore dell’impeachment, ha presentato il suo rapporto alla commissione di 21 persone, che lo discute oggi e lo vota domani. Venerdì, giorno d’inaugurazione dei Giochi olimpici di Rio, il rapporto verrà letto in una seduta del senato, convocato a votarlo una prima volta il 9 agosto. Se in quella occasione il testo otterrà la maggioranza semplice con 41 voti degli 81 senatori, il Tribunal Supremo convocherà un’ultima sessione per decidere se la presidente torna al suo posto o se rimane al timone Michel Temer, che per ora assicura l’interim. L’eventuale sessione finale del processo inizierà il 29 agosto e potrebbe durare 5 giorni. Perché Rousseff sia privata del mandato occorre una maggioranza dei 2/3 (54 voti). In quel caso, se la reazione popolare non se ne libererà prima, Temer governerà fino al 2018, quando dalle urne uscirà il nuovo presidente.

Nella votazione a maggioranza semplice, a Rousseff basterebbe ottenere il sostegno (o l’assenza) di 6 senatori. Un’ipotesi non peregrina, date le ripetute dimostrazioni dell’inesistenza giuridica del processo: 2 delle 5 imputazioni (legate all’accusa di aver truccato il bilancio facendosi anticipare i soldi dalle banche per far fronte ai piani sociali), sono cadute. E quelle che restano in piedi non sono tali da giustificare la destituzione. Inoltre, registrazioni, testimonianze e dimissioni (dell’ex presidente della Camera, Eduardo Cunha e di tre ministri del gabinetto Temer, a sua volta indagato) hanno ampiamente mostrato le intenzioni truffaldine di chi ha promosso l’impeachment. Questo non è però un processo regolare, piuttosto un tentativo politico di togliere di mezzo un governo progressista che, pur con limiti, cedimenti e magagne, mal si attaglia ai nuovi scenari che si affacciano in America latina.

Secondo un sondaggio della Ibope, commissionato dalla Confederazione nazionale dell’Industria (Cni), il 75% della popolazione non gradisce il governo ad interim. Temer non deve però rispondere alla popolazione, ma ai suoi grandi padrini, nazionali e transnazionali. A lui tocca il compito di spianare il terreno al candidato delle destre alle elezioni del 2018, e portare a termine in fretta il grosso del piano: scure sul lavoro e le pensioni, privatizzazioni (a cominciare dalla petrolifera di Stato Petrobras) e soprattutto cambio di indirizzo a livello internazionale. Insieme all’Argentina e al Paraguay, il Brasile di Temer sta cercando di esautorare il Venezuela dalla presidenza del Mercosur e di riconsegnare l’alleanza agli interessi Usa ed europei. E, intanto, per far fronte all’«allarme terrorismo» – usato soprattutto per reprimere i movimenti popolari – a Rio sono arrivati «gli addestratori» Usa.

Da quando Temer ha assunto l’incarico, nominando un gabinetto di ministri di chiaro indirizzo neoliberista (tutti maschi anziani, ricchi, bianchi, molti dei quali inquisiti per corruzione), i movimenti popolari manifestano al grido di «Fora Temer». Per il 5 agosto, il Frente Povo Sem Medo, che comprende diverse organizzazioni popolari fra cui Sem Terra e Sem Teto, ha promesso di rovinare la vetrina dei giochi, a cui saranno presenti molti capi di stato stranieri (ci sarà anche Renzi), ma non Rousseff e Lula, né i presidenti che li hanno preceduti dopo il ritorno alla democrazia. E’ in discussione anche la possibilità di uno sciopero generale.

Intanto, i presidenti latinoamericani che si richiamano al socialismo del XXI secolo (Maduro, Morales, Correa, Ortega) hanno espresso solidarietà a Lula da Silva, che il giudice Moro vuole portare a processo per «intralcio» alla «tangentopoli» brasiliana: accusandolo di aver cercato di corrompere un testimone. Lula, che si è sempre dichiarato innocente, ha denunciato all’Onu «la persecuzione giudiziaria» di cui è vittima. Secondo un sondaggio dell’impresa Datafolha, l’ex operaio guida le intenzioni di voto per le presidenziali del 2018.

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