I fiumi percorrono centinaia di chilometri, le nuvole cariche di pioggia attraversano i continenti. L’acqua ci spiega l’interdipendenza. Ciò che la minaccia in un luogo ha ripercussioni molto lontane»: da una vecchia cartolina del progetto divulgativo Acqua santa. Assicurare a tutti l’acqua pulita e la gestione integrata delle risorse idriche è l’eterno compito. Fondamentale per la salute, il cibo, l’educazione, il benessere minimo, lo stato degli ecosistemi, il permanere della biodiversità.

SARA’ UNA CONFERENZA SPARTIACQUE? Su decisione dell’Assemblea Onu, dal 22 al 24 marzo i paesi del mondo si riuniscono a New York nella «Conference for the midterm comprehensive review of implementation of the UN Decade for Action Water for Sustainale Development (2018-2028)»: una verifica a metà percorso, nel decennio Onu di azione sull’acqua, durante una crisi idrica accentuata dai fattori climatici. «Senza un ciclo dell’acqua ben funzionante, per tutti e dovunque, la salute umana e l’integrità dell’ambiente saranno sempre minacciate e un futuro equo ed ecologico sarà fuori portata» ammonisce il Vision Statement della conferenza, annunciata come spartiacque: «L’evento, sull’acqua, più importante di questa generazione».

E’ INFATTI DEL 1977 L’ULTIMA conferenza Onu sull’acqua, a Mar del Plata (Argentina). Un’analisi sull’International Journal of Water Resources Development, ricorda che le 105 nazioni partecipanti misero sul piatto gli studi nazionali sulla disponibilità e l’uso dell’acqua, insieme a valutazioni di pianificazione e pratiche di gestione. Ne nacque il Primo decennio internazionale sull’acqua potabile e i sistemi igienico-sanitari (1981-1990). Dopo Mar del Plata, tanti elementi nuovi richiedono occhi attenti, cervelli svegli e mani operose. Eppure, secondo gli autori dell’analisi, manca un approccio olistico alla conferenza 2023. Quest’ultima annuncia comunque la volontà di «affrontare la crisi idrica globale e decidere azioni concertate» in una maniera «inclusiva e intersettoriale», visto che «l’acqua è affare di tutti e a tutti i livelli». Anche se i guai non sono equamente distribuiti.

SONO OLTRE 800.000 I MORTI OGNI ANNO per malattie direttamente collegate all’acqua non potabile o agli scarsi servizi igienico-sanitari. Diritti umani negati nelle aree impoverite. E manca poco al 2030, il riferimento temporale per il raggiungimento dei diciassette obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile (decisi nel 2015), in particolare l’obiettivo 6: «Assicurare per tutti l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari» nelle case, nelle scuole, nei centri di salute e così via. E’ usatissimo dal 2015 l’acronimo Wash – water, sanitation, hygiene. Secondo il rapporto The Sustainable Development Goals 2022, malgrado i passi avanti compiuti, il ritmo è troppo lento. Due miliardi di persone vivono tuttora senza poter avere facilmente a disposizione acqua potabile (e oltre la metà fa davvero fatica a procurarsela); 3,6 miliardi non hanno servizi fognari adeguati; 2,3 miliardi non hanno un rubinetto per lavarsi le mani a casa.

NELL’OBIETTIVO 6 RIENTRANO rientrano moltissimi elementi. Insieme all’accesso all’acqua pulita, lo stop alla defecazione a cielo aperto (il che non significa passare allo spreco di acqua potabile negli sciacquoni nostrani; lo dimostra il lavoro ventennale della meritoria World Toilet Organization). Ma anche abbattere i fattori di inquinamento, ridurre la quantità di acque reflue non trattate (l’80% a livello globale) assicurandone il riuso. Le valutazioni condotte nel 2020 in 97 paesi indicano una buona qualità dell’acqua nel 60% dei corpi idrici. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

LA GESTIONE SOSTENIBILE DELL’ACQUA bene comune prevista dall’obiettivo 6 ha poi molte altre componenti. La ricerca dell’efficienza nell’uso, in tutti i settori, per affrontare la diffusa penuria. La cooperazione sulle acque transfrontaliere: si pensi alla contesa sul Nilo e come le dighe in Turchia, sul Tigri e sull’Eufrate, diminuiscano a valle, in Siria e Iraq, le già scarse risorse idriche aggiungendosi alla siccità prolungata, contribuendo inoltre a provocare tempeste di sabbia. Solo in 24 paesi le acque transfrontaliere (fiumi, laghi) sono coperte da efficaci accordi di cooperazione.

ANCHE GLI ECOSISTEMI E LA BIODIVERSITA’ più legati all’acqua (fiumi, laghi, zone umide, montagne, foreste) sono parte dell’impegno 6. L’80% degli ecosistemi umidi è già perso e quello che rimane è spesso degradato. Del resto un bacino fluviale su cinque sperimenta rapidi cambiamenti, come inondazioni o all’opposto siccità (si pensi alla portata degli stessi fumi europei negli ultimi anni). La conferenza sull’acqua si affaccerà anche sullo stato dei laghi, già oggetto un anno fa di una risoluzione adottata dall’Assemblea dell’Onu sull’ambiente, a Nairobi, che chiedeva agli Stati membri di proteggerli, conservarli ripristinarli insieme alla loro biodiversità e tenendo conto delle culture, conoscenze ed economie locali. Intanto, il lago d’Aral è da tempo un deserto tossico e si cerca almeno di ripristinarne una parte, con l’ausilio di una riforestazione basata su un arbusto autoctono resistentissimo, il saxaul. Il lago Chad è ridotto a un decimo. E i nostri laghi di montagna e di valle se la passano male.

AL TEMPO DELLA CRISI IDRICA anche in Europa (in Francia l’80% delle falde freatiche è al di sotto della norma e il 45% è allo stremo), si parla di razionamento dopo anni di allegro spreco domestico, agricolo e industriale. I cambiamenti climatici aumentano la variabilità dei cicli idrologici e degli estremi in ogni regione, e in quelle più fragili spostano milioni di persone. Secondo il meccanismo onusiano UN-Water, i disastri legati all’acqua hanno provocato danni per 700 miliardi di dollari negli ultimi venti anni. In tutto questo solo metà dei paesi ha leggi e risorse adeguate.

L’ACQUA E’ LA BASE PER IL CIBO. Si pone dovunque il problema delle coltivazioni idrovore destinate alla mangimistica per la zootecnia industriale. Si impongono ormai calcoli comparati circa la resa nutrizionale delle diverse colture in termini di proteine, calorie, minerali, a confronto con gli input necessari, in primis quello idrico.

ANCHE L’ACQUA NASCOSTA nella produzione di merci e servizi interroga il sistema, intrecciandosi con l’emergenza energetico-climatica. Insomma, bisogna pensare anche a questo bene vitale, nel decidere che cosa produrre, quanto, come, per chi. Se ne discuterà alla conferenza onusiana?