Alcuni irregolari salutano dall'interno del centro di identificazione di Ponte Galeria nel 2009 a Roma
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Dietro le sbarre per la solidarietà tra disperati

20090529 - ROMA - CLJ - G8: ROMA; DA IMMIGRATI CIE FALO' IN SOLIDARIETA' CON NO GLOBAL. Alcuni irregolari salutano dall'interno del centro di identificazione di Ponte Galeria, oggi 29 maggio 2009 a Roma. ANSA/MASSIMO PERCOSSI/DRN

Majidi e gli altri Come ha raccontato il manifesto, Maysoon Majidi, attivista curdo-iraniana in carcere da cinque mesi a Castrovillari con l’accusa di essere una «capitana» (scafista secondo la retorica dominante), ha iniziato lo […]

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 29 maggio 2024

Come ha raccontato il manifesto, Maysoon Majidi, attivista curdo-iraniana in carcere da cinque mesi a Castrovillari con l’accusa di essere una «capitana» (scafista secondo la retorica dominante), ha iniziato lo sciopero della fame. Majidi è una regista e un’attivista che ha preso parte alle mobilitazioni delle donne iraniane, perseguitata dal regime degli ayatollah, doppiamente oppressa perché donna e curda. A dicembre 2023 ha raggiunto l’Italia dopo essersi imbarcata dalla città turca di Izmir. Arrivata in Calabria, su un’imbarcazione con altri 77 migranti, è stata arrestata per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, accusata di aver coadiuvato il capitano dell’imbarcazione distribuendo acqua e cibo. Con lo sciopero della fame Majidi afferma la propria innocenza e chiede di fissare con urgenza l’udienza sui domiciliari. A pochi chilometri Marjan Jamali, un’altra donna curdo-iraniana accusata dello stesso reato, è stata ammessa solo lunedì ai domiciliari dopo mesi di carcerazione che l’hanno separata dal figlio minore.

Quelle di Majidi e Jamali sono le storie di tanti migranti, attualmente un migliaio, rinchiusi nelle carceri italiane con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Il nostro ordinamento inserisce in questo reato qualunque condotta faciliti in qualsiasi modo l’attraversamento dei confini, a prescindere dal fatto che si tragga o meno profitto, che si appartenga o meno a organizzazioni criminali. Chi guida un barcone – volontariamente o costretto – o chi svolge una qualsiasi mansione durante la traversata – come tenere la bussola, chiamare i soccorsi, distribuire cibo – rischia pene fino a 20 anni.

Il reato di favoreggiamento, ovvero l’articolo 12 del Testo unico immigrazione (Tui), non ha nulla a che vedere con la tutela dei migranti.

L’unico bene giuridico protetto dalla norma è quello delle frontiere, anche se la Corte Costituzionale ha indicato quello della corretta gestione dei flussi migratori. È per questo che attivisti, organizzazioni umanitarie e i migranti che esercitano forme di solidarietà vengono criminalizzati.

Questo reato non c’entra niente con il fenomeno della tratta di persone, con cui viene spesso confuso. La tratta implica la violenza o il fine dello sfruttamento. Il favoreggiamento, invece, non necessita di danni inferti ai migranti coinvolti, né di profitti in favore di chi è accusato.

Tra il 2006 e il 2016, più di 81mila persone sono state imputate o condannate in Europa per il reato di favoreggiamento. Le pene implicano carcerazioni molto lunghe. Chiedere l’abrogazione dell’articolo 12 del Tui è un dovere perché criminalizza l’esercizio del diritto alla fuga e della libertà di movimento. Lo sciopero della fame che ha iniziato Majidi, giovane donna di 28 anni che pesa all’incirca 40 chili, è un atto politico forte per rompere l’isolamento di questi processi. Sostenere la lotta di Majidi significa scardinare il meccanismo violento delle politiche che tutelano le frontiere invece delle persone e farlo dal punto di vista di chi rischia la propria vita attraversando i confini con imbarcazioni di fortuna, mettendo a disposizione la proprie forze e dando aiuto in mare. Atti di autodeterminazione che interrogano in primo luogo chi vive dall’altra parte dei confini attraversati: noi cittadini europei.

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