Die Partei, quindici anni di campagne geniali e imprevedibili
Germania La sigla fa il verso alla monolitica Sed, il partito comunista che ha governato la Ddr fino al 1989. Nati nel 2004, nel 2011 il primo botto ad Amburgo dove si presentano per le regionali
Germania La sigla fa il verso alla monolitica Sed, il partito comunista che ha governato la Ddr fino al 1989. Nati nel 2004, nel 2011 il primo botto ad Amburgo dove si presentano per le regionali
Sono scesi in campo ben 15 anni fa, ma solo nell’ultimo lustro le loro gesta hanno superato i confini tedeschi dopo essere riusciti a eleggere, per la seconda volta, i loro rappresentanti all’Europarlamento grazie all’assenza della soglia di sbarramento. Alla faccia di chi, fino al 26 maggio, prendeva in giro il “partito dei comici”.
Die Partei è la sigla che fa il verso alla monolitica Sed, il partito comunista che ha governato la Ddr fino al 1989, cui è stato rubato anche lo slogan: «Il partito ha sempre ragione». Acronimo di «partito per il lavoro, stato di diritto, protezione degli animali, promozione delle élite e dell’iniziativa democratica di base» è stato fondato il 2 agosto 2004 dagli editori della rivista satirica Titanic che rimane l’«organo ufficiale».
Nati a Francoforte, la sede centrale oggi è sulla Mauerstrasse di Berlino. Attualmente, Die Partei è guidata dal comico Martin Sonneborn e dallo scrittore punk Oliver Maria Schmitt, presidente onorario.
Nel 2002 esordiscono travestiti da «Partito democratico libero» scandendo slogan ultra-razzisti; l’anno seguente in Assia si camuffano da socialdemocratici mentre in Baviera s’inventano lo slogan «Spd: ci arrendiamo» canzonando chi «perde sempre contro i democristiani».
Geniali, imprevedibili, impossibili da catalogare secondo i rigidi schemi della socialdemocrazia rappresentata, più o meno, sempre dagli stessi soggetti politici. Sono la bestia-nera degli autorevoli commentatori e analisti, i migliori alleati dei giornalisti cui forniscono sempre il titolo di apertura di pagina.
L’ultimo, stampato su tutti i quotidiani, faceva riferimento alla proposta-cardine del programma per le Europee («Più gattini su Facebook per tutti»). Con buona pace della trentina di partiti tedeschi non eletti, si è rivelato vincente.
I “comici” cominciano a fare sul serio già nel 2005: alle elezioni federali si uniscono con il partito Pogo-Party nel nome dell’alleanza battezzata «Matrimonio di convenienza». Gli spot “sparati” in tv sono accompagnati dal logo di una celebre compagnia aerea; convincono appena 10.379 elettori ma è un buon risultato dato che si presentano solo a Berlino e Amburgo.
Cinque anni più tardi non riescono a ottenere il nulla-osta per partecipare alle urne nazionali: l’Ufficio statistico nega loro lo status di partito perché «mancano di serietà e organizzazione interna», è la spiegazione ufficiale che innesca la campagna «Dov’è finito il mio voto?».
Nell’estate 2009 “i comici” si fanno conoscere in tutta la Germania distribuendo nei cinema Die Partei, il film. Un mese dopo il presidente del Bundestag, Norbert Lammert, critica la mancata ammissione al voto del soggetto «comunque politico».
A dicembre 2010 l’establishment non ride già più: il partito ha presentato reclamo alla Corte costituzionale che rigetta il ricorso ma solo per un cavillo.
Così, Die Partei torna alla politica locale, con la differenza che gli ex Titanic galleggiano ormai sull’onda della fama nazionale. Fanno endorsement i rapper Maxim e Nico oltre a Rod Gonzáles, Hella von Sinnen, Dirk Bach e il biologo Mark Benecke, candidato a governatore nel Nordreno-Vestfalia.
Nel 2011 partecipano alle Regionali a Berlino, Amburgo e nel Baden-Württemberg, facendo il primo “botto” nella città anseatica. Nel quartiere Sankt Pauli si classifica sesto con il 4,9% stracciando i liberali, a Kleiner Grasbrook raggiunge il 5,3% a spese dei democristiani. È la consacrazione ufficiale, eppure i comici non accontentano.
Nel 2014 Die Partei viene ammesso alle elezioni europee: conquista 180 mila voti grazie al programma «sedere a Bruxelles per un mese e poi andare in pensione a spese dei contribuenti». Lo slogan è «Per L’Europa contro l’Europa», le due proposte: «costruire un muro intorno alla Svizzera» e «piazzare Merkel al centro dello stadio olimpico di Berlino scagliandole addosso Sigmar Gabriel».
Il primo passo della corsa, tutt’altro che ridicola, verso la storica vittoria del 26 maggio.
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