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Crisi al buio, Scholz tenta il rimpasto

Crisi al buio, Scholz tenta il rimpasto

Germania La Cdu gela il cancelliere: alle urne subito, senza aspettare il 2025

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 8 novembre 2024

Con il Semaforo politico che guidava il Paese definitivamente spento e senza più alcun faro istituzionale a segnare la rotta – a eccezione del presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier – la Germania naviga a vista nel mare magnum della crisi di governo scoppiata a soli dieci mesi dalla fine della legislatura.
Per il momento a illuminare Berlino resta giusto la luce sulla via obbligata del rimpasto di ciò che resta del governo di Olaf Scholz: il primo passo dopo il turbolento divorzio fra socialisti e liberali culminato nel licenziamento in tronco del ministro delle Finanze, Christian Lindner, leader di Fdp.

DOPO AVERLO CACCIATO a maleparole in diretta tv («Era interessato solo alle politiche clientelari») il cancelliere ieri lo ha prontamente sostituito con Jörg Kukies, sottosegretario alla Cancelleria e soprattutto fedelissimo braccio destro: dal 2021 è il principale consigliere economico del leader della Spd e l’uomo che per lui negozia tutte le risoluzioni finali del G7.
Politicamente è un cambio netto rispetto al recente passato. Ma al posto dell’ultra-liberale Lindner non arriva di certo un socialista votato al welfare: nel curriculum di Kukies spiccano i lunghi anni al servizio di Goldman Sachs, come fa notare anzitutto Sahra Wagenknecht, leader del Bsw, bollando la prima mossa del rimpasto di Scholz come la nascita del «governo dei banchieri».

Come previsto i ministri dell’Istruzione, Bettina Stark-Watzinger, e della Giustizia, Marco Buschmann, ieri hanno formalmente rimesso i mandati al Castello di Bellevue (equivalente tedesco del Quirinale) nelle mani del presidente della Repubblica: l’ultimo punto-fermo del Paese rimasto a garantire che la Bundesrepublik non imploderà a causa della crisi di governo. «La Germania è forte e affidabile. La transizione verso le prossime elezioni avverrà in modo ordinato» assicura Steinmeier nel suo discorso durato meno di tre minuti.

Non ci saranno dunque vuoti di potere a Berlino; è l’inequivocabile messaggio della più alta carica dello Stato rivolto ai tedeschi e ancora prima ai partner esteri preoccupati per la sempre più evidente debolezza strutturale dell’ex Locomotiva d’Europa, dalla Nato fino agli investitori finanziari che tengono in piedi il made in Germany.

Da qui il rapido accorpamento delle deleghe ritirate ai ministri liberali. Insieme alle Finanze affidate a Kukies è stata riassegnata l’Istruzione al ministro dell’Agricoltura, Cem Özdemir (Verdi), e la Giustizia al ministro dei Trasporti, Volker Wissing, che fino a mercoledì sera faceva parte di Fdp ma ha clamorosamente deciso di non seguire l’exit imposta dal segretario del suo partito rimanendo fermo sulla poltrona. Proprio lui incarna il primo effetto della crisi politica orchestrata dal Lindner che, a quanto pare, invece di salvare Fdp dal devastante effetto-governo in tempo per il voto del 2025 lo sta letteralmente smontando a pezzi.

IL SECONDO SENSAZIONALE passo compiuto ieri da Scholz è il vertice straordinario con il suo principale avversario politico: Friedrich Merz, segretario della Cdu, capo dell’opposizione al Bundestag e «Spitzenkandidat» dell’Union pronto a sfilare il posto al cancelliere della Spd alle prossime elezioni forte del doppio dei voti nei sondaggi. Boccone amaro che il cancelliere ha dovuto ingoiare in nome della «collaborazione costruttiva» da lui auspicata, ovvero della necessità impellente di approvare le numerose leggi in scadenza calendarizzate in Parlamento, tra cui gli urgenti aiuti all’industria e gli aumenti alle pensioni. Tutto inutile: il faccia faccia durato appena 23 minuti alla cancelleria ha sancito ancora una volta la distanza incolmabile fra Spd e Cdu, con Merz disposto a garantire «fin da subito» i voti democristiani sulle norme condivise ma in cambio pretende che Scholz chieda il voto di fiducia nei prossimi giorni e non a metà gennaio 2025 come vorrebbe il cancelliere.

In teoria si tratta di una manciata di settimane di differenza, se non fosse che in pratica cambiano l’intero orizzonte politico. «Dopo che avrai chiesto il voto di fiducia il presidente Steinmeier avrà tempo 21 giorni per sciogliere il Bundestag. Sono sufficienti per capire se ci sono questioni che possiamo decidere insieme» è la road map della crisi che Merz ha offerto a Scholz, mentre nelle stesse ore il leader della Csu, Markus Söder, stoppava dal suo account social «qualunque ritardo tattico finalizzato a rimandare le urne».

LA CONSEGUENZA del mancato accordo fra socialisti e democristiani sarà che per il governo a sola trazione Spd-Verdi il Bundestag nelle prossime settimane sarà un autentico vietnam parlamentare, con buona pace della stabilità auspicata dal presidente della Repubblica. Tutto con i fascio-populisti di Afd, pronti al grande balzo alle urne nel 2025. Sono il secondo partito a livello nazionale ormai stabilmente davanti a Spd, Verdi e liberali, i tre partiti della defunta maggioranza di Olaf Scholz.

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