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Diciotti, M5s senza bussola tra Rousseau e i pm di Catania

Diciotti, M5s senza bussola tra Rousseau e i pm di Cataniail vicepremier Di Maio, il premier Conte e il ministro Toninelli – LaPresse

Senato Come atto dovuto, la procura aprirà un fascicolo anche su Conte, Di Maio e Toninelli. Grillini appesi agli iscritti. Solo Di Stefano prende posizione: «No al processo»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 17 febbraio 2019

Per il Movimento 5 Stelle, per la sua immagine e per la sua credibilità, la vicenda Diciotti si è già rivelata una Waterloo. Ma potrebbe andare peggio nei prossimi giorni. La decisione di non decidere sull’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini affidandosi al blog è il riflesso spietato di un gruppo dirigente in preda al panico, troppo spaurito per assumersi una responsabilità politica.

Gli iscritti dovrebbero votare domani. L’annuncio ufficiale dovrebbe arrivare oggi sul Blog delle Stelle. Ma ieri sera il video di «presentazione», a opera del capogruppo in giunta per le immunità Mario Giarrusso, non era ancora pronto. Già quel video è oggetto di tensioni ormai fuori di controllo e forse anche di senno. Giarrusso, come gli altri sei senatori pentastellati in giunta o almeno come la maggioranza degli stessi, è contrario a concedere l’autorizzazione al processo. Però deve stare bene attento a non «indirizzare» i votanti sulla piattaforma Rousseau, dal momento che i fucili dei favorevoli all’autorizzazione, a partire da direttore ed editorialisti del Fatto, sono già puntati.

E’ UN PARADOSSO. I senatori a cinque stelle hanno passato settimane martellando sulla necessità di «studiare le carte». I votanti quelle carte non sanno quasi cosa siano. Ma i senatori della giunta, che invece le hanno studiate e discusse, devono badare a non far indovinare le conclusioni che dalla lettura in questione hanno tratto.

Non è l’unico paradosso in una vicenda degenerata nel grottesco. Non solo infatti il gruppo dirigente dei 5 Stelle rimette una decisione dalla quale dipende in buona misura la sorte del «governo del cambiamento» nelle mani di un pugno di militanti, ma neppure li informa sulla propria opinione, per chiedere poi conferma o smentita come nelle consultazioni della base degne del nome. Cosa farebbero Luigi Di Maio o il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli per gli iscritti deve restare segreto. Vedi mai si facessero influenzare. Rompe l’ipocrita silenzio generale, onore al merito, solo il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano: «Non rinunciare all’immunità è stato un segnale di debolezza. Però credo che in questo caso l’autorizzazione non andrebbe concessa». Ma a decidere saranno gli iscritti e se il pollice della piattaforma sarà verso, «allora voteremo sì all’autorizzazione».

In realtà la decisione di nascondersi al riparo della «democrazia diretta» i leader dei 5 Stelle la hanno presa con la convinzione che la maggioranza degli iscritti si esprimerà per salvare, se non Matteo Salvini, certamente il governo: un pronunciamento che li metterebbe al riparo dall’accusa di aver tradito i sacri princìpi della fede pentastellata. Però il rischio è grosso. Prima di tutto perché non si possono escludere sorprese. Poi perché in ogni caso il quadro di un gruppo dirigente incapace di assumersi la responsabilità di una scelta di tale importanza sarà indimenticabile.

SE GLI ELETTORI FARANNO lo sgambetto ai loro dirigenti e spediranno Salvini alla sbarra, la Lega giura che non succederà niente. Salvini fa l’imperturbato: «Sono tranquillissimo: gli italiani sanno che ho agito per il loro bene e la loro sicurezza». La prova sarda è alle porte (si vota domenica 24) e da oggi il leghista sarà impegnato in un’immersione elettorale nell’isola per una settimana e figurarsi se si fa scappare un’occasione di propaganda facile. Il ministro dell’agricoltura, il leghista Gianmarco Centinaio conferma: «La piattaforma non mette a rischio il governo, che è stabile e sta lavorando bene». Sono parole a modo loro sibilline. Centinaio sa benissimo che il governo non è affatto stabile. Se i 5 Stelle voteranno contro Salvini, le conseguenze non si vedranno subito ma non tarderanno ad arrivare.

Ma la faccenda potrebbe gonfiarsi ulteriormente. Gli atti inviati dal presidente della giunta per le immunità del senato Maurizio Gasparri, con le lettere di «autodenuncia» di Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, sono arrivati a Catania e l’iscrizione nel registro degli indagati è inevitabile. Il procuratore Carmelo Zuccaro, che aveva già chiesto l’archiviazione per Salvini, farà lo stesso per i tre “correi”.

IL TRIBUNALE DEI MINISTRI potrebbe ritenere l’autodenuncia insufficiente per procedere, in mancanza di atti formali. Ma potrebbe invece chiedere l’autorizzazione a procedere anche per loro. In questo caso i pentastellati dovrebbero affidarsi di nuovo al blog. Stavolta per chiedergli di decidere su loro stessi.

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