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Di Maio scarica Salvini: sì al processo per sequestro di migranti

Di Maio scarica Salvini: sì  al processo per sequestro di migrantiL'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini – LaPresse

Pattugliatore Gregoretti Il tribunale dei ministri di Catania ha chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere per il leader della Lega. L’accusa è di aver bloccato illegalmente i migranti sulla nave Gregoretti

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 19 dicembre 2019

L’annuncio l’ha dato lo stesso Matteo Salvini martedì sera in Tv: il tribunale dei ministri di Catania ha chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere per il leader della Lega, indagato per sequestro di persona aggravato. Si tratta del caso Gregoretti: il pattugliatore della Guardia costiera italiana rimasto bloccato l’estate scorsa nel porto militare di Augusta per cinque giorni perché il Viminale (allora retto da Salvini) negava l’autorizzazione allo sbarco dei naufraghi.

Nella richiesta al Senato i magistrati scrivono: «Ha abusato dei suoi poteri determinando consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale per i 131 migranti, costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche a bordo dell’unità navale Gregoretti dalle 00,35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio», quando finalmente arrivò il via libera. I giudici Nicola La Mantia, Sandra Levanti e Roberto Corda hanno ritenuto necessario procedere. Si tratta dello stesso collegio che aveva chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere contro Salvini per il caso Diciotti.

Il parlamento allora gli evitò il processo, adesso però è cambiata la maggioranza di governo. Infatti ieri sera Luigi Di Maio ha annunciato il sì dei 5S al rinvio a giudizio: «Quando nel 2018 bloccammo la Diciotti era perché l’Europa non ci ascoltava. Facemmo la voce grossa. Un anno dopo la redistribuzione funzionava quindi il blocco della Gregoretti non fu un’azione decisa dal governo ma da Salvini. In questo caso l’interesse pubblico prevalente non c’era, fu un’azione personale».

LA PROCURA DI CATANIA, retta da Carmelo Zuccaro, aveva chiesto (come nel caso Diciotti) l’archiviazione di Salvini: «L’attesa di tre giorni per uno sbarco non può considerarsi una illegittima privazione della libertà dei migranti, visto che le limitazioni sono proseguite poi nell’hotspot di Pozzallo e nei centri di accoglienza». E ancora: «Manca un obbligo per lo stato di uno sbarco immediato». Infine: «Le direttive politiche erano cambiate, dal 28 novembre il Viminale aveva espresso la volontà di assegnare il porto in tempi brevi, giustificando i tempi amministrativi per attuare lo sbarco con la volontà del ministro Salvini di ottenere una ridistribuzione dei migranti in sede europea. Sono stati garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità e lo sbarco immediato di chi aveva seri problemi di salute e dei minorenni».

LA RICOSTRUZIONE della procura non collima con le cronache giornalistiche. Dal pattugliatore, dove c’era un solo bagno per 131 migranti, vennero fatti scendere solo i 15 minori. In 116 rimasero bloccati sul ponte per 5 giorni. Il procuratore di Siracusa, Fabio Scavone, aprì un’inchiesta per accertare le loro condizioni igienico-sanitarie: «Ci sono un caso di tubercolosi e un altro di cellulite infettiva; 20 di scabbia e qualche altro caso con diverse patologie.

In totale sono 29 i migranti con problemi di natura sanitaria che devono avere cure mediche», fu l’esito dell’ispezione. Non potevano scendere perché il Viminale era impegnato in un braccio di ferro con l’Europa per la loro redistribuzione. Per questo i giudici ipotizzano il reato di sequestro di persona. Del resto anche il Garante dei detenuti, Mauro Palma, si mosse inviando una lettera al comandante generale della Guardia costiera, l’ammiraglio Giovanni Pettorino, per chiedere informazioni urgenti: «La situazione delle persone a bordo – scriveva Palma – si configura come una privazione de facto della libertà personale».

MARTEDÌ SERA il leader leghista aveva attaccato il presidente del tribunale dei ministri: «La Mantia è iscritto a Magistratura democratica. È una vergogna che un ministro venga processato per aver fatto l’interesse del paese». Ieri ha rincarato la dose: «Vorrei sapere quanto queste indagini costano al popolo italiano. Una parte della magistratura fa politica. Per me non sarebbe neanche un problema andare in tribunale e guardare in faccia un giudice che, tra il ministro e chi trasporta illegalmente gli immigrati, simpatizza per i secondi». Fino a mettere nel mirino l’ex alleato: «Sono curioso di vedere che posizione terrà il Movimento 5 Stelle che sulla Diciotti votò contro la richiesta del tribunale dei Ministri».

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