Deriva colombiana in Ecuador, ma il voto del 20 non si discute
Stato d'emergenza Dopo l’assassinio di Fernando Villavicencio (sei gli arresti), spari contro l’auto di una candidata all’Assemblea nazionale. Esercito in strada e una campagna inchiodata sul tema della violenza che ha investito il Paese
Stato d'emergenza Dopo l’assassinio di Fernando Villavicencio (sei gli arresti), spari contro l’auto di una candidata all’Assemblea nazionale. Esercito in strada e una campagna inchiodata sul tema della violenza che ha investito il Paese
L’assassinio del candidato Fernando Villavicencio non fermerà il processo elettorale, come ventilato: i cittadini ecuadoriani si recheranno regolarmente alle urne il prossimo 20 agosto per scegliere chi ricoprirà la presidenza per l’anno e otto mesi che mancheranno alla fine del mandato quadriennale inizialmente previsto. Prima cioè che Guillermo Lasso, per sfuggire all’impeachment, optasse per la cosiddetta “muerte cruzada”, il meccanismo costituzionale che consente al capo dello Stato di sciogliere l’Assemblea nazionale a condizione di convocare entro sei mesi nuove elezioni parlamentari e presidenziali.
A confermare la data del 20 agosto è stato lo stesso Lasso, dopo aver dichiarato lo stato d’emergenza per 60 giorni e decretato tre giorni di lutto nazionale: «A quanti mirano a intimidire lo stato diciamo che non retrocederemo. Lo stato è saldo e la democrazia non vacilla di fronte alla brutalità di questo assassinio». La presidente del Consiglio nazionale elettorale Diana Atamaint ha assicurato che saranno mantenute «tutte le attività programmate nel calendario elettorale già approvato», a cominciare dal dibattito tra i candidati presidenziali fissato per domenica. Per il quale si è deciso che il posto che avrebbe dovuto occupare Villavicencio resterà vuoto.
INTANTO LA PROCURA GENERALE ha reso noto l’arresto di sei persone sospettate del crimine, mentre una settima sarebbe stata uccisa in uno scontro a fuoco con la polizia. Sarebbero tutte di nazionalità colombiana e con pesanti precedenti penali nel loro paese. E, a sostegno delle indagini, è in arrivo a Quito, su invito del presidente, anche una delegazione dell’Fbi. Mentre le forze armate, come annunciato dal ministro della Difesa Luis Lara, hanno iniziato a dispiegarsi «in tutto il territorio dell’Ecuador», pronte a «rispondere con tutta la loro potenza» alle minacce dei gruppi criminali contro i candidati e contro il sistema democratico, due sconosciuti hanno sparato contro il parabrezza dell’auto in cui si trovava una delle candidate all’Assemblea nazionale, Estefany Puente, per fortuna sfiorandole appena un braccio.
Assai peggio era andata il 23 luglio al giovane e popolare sindaco di Manta Agustín Intriago, assassinato in un attacco armato in cui era rimasta uccisa anche una giocatrice di calcio, Ariana Estefanía Chancay. Era stato il primo sindaco del paese a impegnarsi seriamente a favore di una transizione ecologica.
QUANTO ALL’IMPATTO CHE AVRÀ sul voto l’omicidio di Villavicencio, noto per le sue denunce contro il traffico di droga e la corruzione, è ancora presto per fare previsioni. C’è chi pensa, però, che, essendo Villavicencio un duro avversario del correismo, Luisa González, candidata sostenuta da Correa e prima nei sondaggi, possa finire per perdere consensi. E che magari ad avvantaggiarsene sarà l’imprenditore Jan Topic, sostenitore del pugno di ferro contro la violenza criminale in linea con il controverso modello proposto dal presidente Bukele in El Salvador.
Che poi la campagna elettorale giri quasi esclusivamente attorno ai temi della sicurezza e dell’ondata di criminalità organizzata che si è abbattuta sull’Ecuador non può sorprendere nessuno: dopotutto, in un paese che pure ha conosciuto governi autoritari, crisi finanziarie e insurrezioni, una tale deriva di violenza in stile colombiano non si era finora mai vista. E non è un caso che da più parti si paragoni l’assassinio di Villavicencio con quello del candidato presidenziale colombiano Luis Carlos Galán, anche lui molto duro nei confronti del crimine organizzato, avvenuto durante la campagna elettorale del 1989.
UN INVITO alla «fermezza democratica» viene dal presidente della Conaie (la Confederazione delle nazionalità indigene) Leonidas Iza, che pure non sostiene nessuno dei candidati presidenziali. «Il paese è in mano alle mafie e a una politica contaminata dal crimine organizzato», ha denunciato, esprimendo la sua solidarietà alla famiglia di Villavicencio e invitando il popolo colombiano a dare una risposta democratica «a questo inferno che viviamo in Ecuador».
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