Asceso al governo per fare da contraltare al sin lì presunto garantismo di Carlo Nordio, in quattordici mesi di avvenuture e disavventure Andrea Delmastro non ha quasi mai avuto a che ridire con il titolare di via Arenula. Anzi, i due si spalleggiano allegramente, con il ministro che in più occasioni è intervenuto a salvare la faccia (e la pelle) del suo sottosegretario con delega alla polizia penitenziaria. Forse accadrà anche questa volta, con le opposizioni che invocano una presa di posizione dell’esecutivo sul curioso caso del veglione di Capodanno finito in sparatoria alla Pro Loco di Rosazza, provincia di Biella, comune da 99 abitanti la cui sindaca si chiama Francesca Delmastro, sorella di.

LUI, il fratello, al momento del fattaccio non c’era, o almeno così ha detto in un’intervista a Repubblica che si è fatta notare soprattutto per l’ampio utilizzo di turpiloquio da parte del sottosegretario: «Buonanno un cazzo. Vai a una festa di Capodanno, esci per buttare la monnezza, torni, e trovi un puttanaio della madonna». La linea ufficiale di Fratelli d’Italia consiste nel ridimensionare la faccenda – cose che capitano -, ma è difficile farlo quando viene fuori che a sparare è stata la revolver da pochette di un deputato (Emanuele Pozzolo) e che ad essere ferito alle gambe era il genero di un membro della scorta di Delmastro. Mistero sulla dinamica, indagano i carabinieri (di cui peraltro Pozzolo si è lamentato: «Non mi lasciavano da solo neanche per pisciare», ha detto raccontando lo stub a cui è stato sottoposto per verificare se sia stato lui o no a sparare).

Un bel problema per Delmastro, che già di guai ne deve fronteggiare non pochi. Il più grave, e in qualche modo paradigmatico, riguarda l’alzata d’ingego della rivelazione, nel gennaio dnell’anno scorso, di alcune carte riservate con i dialoghi tra Alfredo Cospito e alcuni mafiosi durante l’ora d’aria nella sezione 41 bis del carcere di Sassari. L’obiettivo era attaccare alcuni deputati del Pd che erano andati in prigione a verificare le condizioni di Alfredo Cospito e bollarli come fiancheggiatori della criminalità organizzata e del terrorismo (detta così c’è solo da ridere, ma la tesi è stata sul serio sostenuta da ampi settori della destra).

A DARE PUBBLICA lettura di quelle conversazioni in aula a Montecitorio fu Giovanni Donzelli, ma la colpa era tutta del suo coinquilino che gli aveva passato i documenti, cioè Delmastro. Indagato pochi giorni dopo quel memorabile pomeriggio parlamentare, la procura ha chiesto per due volte il suo proscioglimento, con motivazioni poco gloriose: secondo gli investigatori romani Delmastro non aveva idea che diffondere quegli atti fosse un reato. La giudice Maddalena Cipriani lo ha rinviato a giudizio comunque, perché se l’obiettivo del 41bis è impedire le comunicazioni da dentro il carcere al mondo esterno, il sottosegretario ne ha clamorosamente mutilato questa funzione. Nordio, comunque, ai tempi del polverone, lo difese a spada tratta alla Camera, assumendo i panni per lui inediti dell’avvocato.

Delmastro, che di lavoro fa proprio l’avvocato (e tra i suoi clienti aveva pure Giorgia Meloni in persona, molti giornalisti lo sanno per via delle querele da lui redatte), in compenso amerebbe molto fare l’inquirente. La sua linea in materia di giustizia è infatti eloquente: «Sono garantista nel processo e giustizialista nell’esecuzione della pena».
Ma fondo non c’è granché da stupirsi. Delmastro incarna alla lettera lo spirito con cui il Msi prima, An poi e FdI dopo ancora interpretano la giustizia: una strada a senso unico verso la forca, e se per tanti anni non se n’è accorto nessuno è solo perché l’estremo garantismo (interessato) del dominus Berlusconi aveva obbligato gli alleati al silenzio sul punto.

DA QUI il suo ruolo di contrappeso di Nordio, che Guardasigilli lo è diventato in nome del garantismo e che però, da quando ha guadagnato la poltrona, sembra aver dimenticato tutte le tesi sostenute in precedenza. Una sola volta, quando il ministro disse di voler limitare le intercettazioni in sede di indagine, Delmastro si trovò obbligato a intervenire: «È stato male interpretato», disse. In realtà no, ma è sempre così con questa maggioranza: non ci si può distrarre un attimo, nemmeno per andare a buttare la monnezza, perché c’è sempre qualcuno che la spara. O che spara.