La Camera ha approvato la fiducia al «decreto Piantedosi» sulle navi delle Ong con 202 favorevoli, 136 contrari e 4 astenuti. Oggi si terrà il voto finale, poi il provvedimento passerà al Senato. Deve essere convertito in legge entro il 3 marzo. In aula Lega e Forza Italia hanno citato l’ex ministro dell’Interno dem Marco Minniti, sostenendo che la norma si inserisce nel solco del suo operato. M5s e Pd hanno fatto appello ai valori umanitari e cristiani violati da una misura che scoraggia l’aiuto a persone in pericolo.

L’unica sorpresa dall’intervento della deputata di Fratelli d’Italia Sara Kelany: «Non è scritto da nessuna parte, come pretestuosamente affermato dalle opposizioni, che se un comandante, mentre fa rotta verso un porto assegnato, si imbatte in altri naufraghi non possa effettuare ulteriori soccorsi».

In realtà, oltre che le opposizioni, su questo punto si sono concentrati giuristi, esperti e autorità internazionali: dal Consiglio d’Europa alla commissione Libertà civili dell’europarlamento, fino ai 66 parlamentari tedeschi di Spd, Verdi e Linke che ieri hanno scritto ai colleghi italiani sostenendo che la norma non rispetta il diritto internazionale. In tutti questi casi le critiche principali hanno riguardato la lettera D dell’articolo 1: la nave deve raggiungere «senza ritardo» il porto assegnato.

Si era supposto che stesse lì il divieto di soccorsi multipli promesso dal governo. Anche perché la sua formulazione esplicita era presente nelle bozze ma è sparita dal testo ufficiale del decreto. Troppo alto il rischio di illegittimità. Come illegittimo sarebbe stato applicare le sanzioni previste dalla norma – multe tra 10 e 50mila euro e detenzioni – a navi che hanno risposto ad altri Sos dopo il primo salvataggio. Infatti i prefetti di Napoli e La Spezia non hanno sanzionato le Sea-Eye 4 e Geo Barents per i soccorsi multipli.

Se si toglie questa previsione, che sarebbe stata effettivamente innovativa, non si capisce quali nuove regole abbia introdotto il decreto. Informare le autorità sui soccorsi e i naufraghi sulle richieste d’asilo? Avveniva già. Collaborare per l’individuazione dei presunti «scafisti»? Era già un obbligo, se richiesto. Evitare che le modalità di ricerca e soccorso creino un pericolo alla nave? Ovviamente era dovere del comandante anche prima. Avere «certificazioni e documenti» rilasciati dalle competenti autorità di bandiera? È chiaro che senza quei documenti nessuna nave può operare.

Parallelamente al decreto, meglio: alcuni giorni prima, il Viminale ha introdotto la prassi di spedire le navi Ong a centinaia di chilometri appena terminato il primo salvataggio. Prassi indipendente dalla norma che, questa sì, costituisce un grosso ostacolo per i soccorritori: ogni volta li taglia fuori per molti giorni dall’area di intervento.

Al momento delle tre navi che erano in missione resta solo la Life Support di Emergency. La Geo Barents è stata mandata ad Ancona con 49 persone e la Ocean Viking a Ravenna con 84. Non arriveranno prima del fine settimana.