Un altro giorno perso. Mentre dichiara lo stato di emergenza per fronteggiare gli sbarchi dei migranti, il governo non riesce a prendere una posizione sul decreto Cutro in discussione ormai da settimane in commissione Affari costituzionali del Senato. Uno stallo dovuto allo scontro interno alla maggioranza tra le posizioni della Lega e quelle di FdI e che fa sì che i giorni passino riducendo sempre più i tempi per la discussione del provvedimento.

Ieri doveva essere il giorno in cui la situazione avrebbe dovuto sbloccarsi con l’arrivo degli emendamenti dell’esecutivo. E invece ancora una volta niente da fare tanto che nel pomeriggio, vista l’impossibilità di proseguire con i lavori, la commissione è stata sconvocata e riconvocata per questa mattina alle 9. Uno stop non proprio imprevisto, dal momento che anche il vertice tra i capigruppo di maggioranza tenutosi martedì al Viminale proprio alla ricerca si una mediazione possibile, si era concluso senza nulla di fatto.

Motivo del contendere sarebbero proprio gli emendamenti del Carroccio che puntano a restringere ulteriormente la protezione speciale. Già nella prima versione del decreto varata dopo la strage di Cutro, il governo aveva limitato il riconoscimento dello status di rifugiato solo a chi scappa da guerre e persecuzioni, al quale viene rilasciato un permesso di soggiorno valido due anni. Una delle 21 proposte di modifica leghiste punta a dimezzare la durata del permesso a un solo anno. La Lega vorrebbe anche impedire – come accade oggi – che il permesso di lavoro di un rifugiato venga convertito in permesso di lavoro, restrizione estesa anche per coloro che hanno ottenuto un permesso di soggiorno per calamità naturali, cure mediche, assistenza a un minore o perché apolide. Infine ci sono i tempi di detenzione nei Centri per il rimpatrio (Cpr): dagli attuali 90 giorni prorogabili per altri 30, a 180 giorni prorogabili sempre di 30.

A rallentare i lavori non sarebbe tanto la volontà della Lega di stringere ulteriormente le maglie della protezione speciale (Giorgia Meloni non ha mai fatto mistero di volerla abolire) quanto i timori della premier di un possibile incidente con Quirinale, contrario a un giro di vite troppo duro.

Nel frattempo in commissione si procede a rilento. Ufficialmente gli emendamenti più spinosi della Lega sarebbero stati accantonati temporaneamente perché si intreccerebbero con quelli ai quali sta lavorando l’esecutivo, mentre è stato espresso parere negativo a tutte le proposte di modifica presentate dalle opposizioni. Parere favorevole, invece, a tre emendamenti minori sempre della Lega che prevedono l’interruzione della protezione sussidiaria per chi fa rientro, anche per un breve periodo, nel paese di origine nel caso il viaggio non sia giustificato da gravi e comprovati motivi. Ma anche un stretta sul permessi di soggiorno per i minori non accompagnati una volta compiuti i 18 anni. Parere favorevole anche all’arresto, entro 48 dal fatto, per chi «compie delitti commessi con violenza alle persone o alle cose» durante la permanenza in un Cpr.

In questa situazione di rinvii continui, le opposizioni preparano battaglia. Nel timore di vedere ulteriormente ristretti i tempi per la discussione, i capigruppo di Pd, M5S e Verdi-Sinistra hanno scritto al presidente del Senato La Russa chiedendo che l’aula concluda i lavori sul decreto entro i 30 giorni previsti dal regolamento. E nel frattempo si preparano a presentare 500 subemendamenti alle modifiche che prima o poi verranno presentate dall’esecutivo. «Vogliamo sperare che le difficoltà del governo nel depositare gli emendamenti annunciati da giorni, – ha detto il capogruppo dem in commissione Andrea Giorgis – originino dalla consapevolezza che la strada della demagogia non porta da nessuna parte e che il decreto Cutro deve quindi essere modificato in profondità».