Italia

Decadenza e riforma della giustizia. Due chance a Letta per vivere o morire

Scenari Il governo rischia di durare ancora pochi mesi

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 4 agosto 2013

Salvo miracolo, ma ce ne vorrebbe uno grosso, il governo Letta ha i mesi contati. Ha due strade maestre per cadere, più imprevisti del caso. La prima passa per la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Dovrebbe essere un atto dovuto. Invece, in base all’art. 66 della Costituzione, la faccenda investirà prima la Giunta per l’immunità, poi l’aula. Ci sarà un voto e il Pd non potrà che esprimersi a favore della decadenza. Lo scenario in cui un partito di maggioranza vota per l’espulsione dal Senato del capo del principale partito alleato rischia di essere insostenibile persino per gli standard da operetta dell’Italia del XXI secolo.

Se volesse davvero scommettere sulla sopravvivenza della legislatura, Berlusconi disinnescherebbe senza sforzo la bomba. Gli basterebbe rassegnare da solo le dimissioni, conquistando così, oltretutto, un doppio vantaggio in termini d’immagine. Non solo, infatti, apparirebbe come fermo nella protesta ma anche pronto ad accettare le regole, per quanto ritenute ingiuste. Offrirebbe anche la prova provata di quella sbandierata «responsabilità» che lo ha portato ad appoggiare il governo.

La seconda strada è in effetti più insidiosa, tanto più che vanta l’imprimatur del capo dello Stato in persona. Il Pdl da un lato confermerà il sostegno al governo, perché «il Paese viene prima di tutto», ma dall’altro invocherà una riforma complessiva e rapida della giustizia. E’ appunto la via indicata dal Colle che, se ha invitato Berlusconi a nutrire «fiducia e rispetto» nei confronti della magistratura, cioè a starsene buono, ha anche messo apertamente sul tavolo quella riforma della giustizia che fino a ieri era stata tassativamente esclusa. In soldoni, il Pdl reclamerà l’intervento anche sul Titolo IV della Costituzione.

Sulla carta non sarebbe necessariamente un vicolo cieco. Nella pratica è fuori dal mondo che il Pd accetti di riformare la giustizia in tandem con un pregiudicato ai domiciliari, sul cui capo pende pure una sentenza di primo grado a 7 anni di galera. Anche perché all’appuntamento i democratici arriveranno già logorati dalle proteste del Pdl, che saranno pure eversive ma sono anche inevitabili. Berlusconi deve necessariamente preparare la sua resuscitata Forza Italia a una campagna elettorale comunque imminente e non può che farlo trasformando le sue disavventure giudiziarie in principale arma d’attacco. In un contesto simile, ogni poco nobile sforzo per prolungare la vita del governo si rivelerà inutile.

Ne consegue che nel giro dei pochi minuti nei quali è stata letta la sentenza di Cassazione l’intera agenda politica è stata riscritta da capo a piedi.

Il Colle, che alle elezioni anticipate resta contrarissimo, dovrà adesso verificare la possibilità, ed eventualmente l’opportunità, di dar vita a una maggioranza alternativa con il M5S o con un gruppo di suoi fuoriusciti. Fino a due giorni fa era una discussione scolastica, ora è ordine del giorno.

Per governo e parlamento la priorità assoluta, per non dire la sola voce significativa, è la legge elettorale. Di questo e solo di questo, appena smaltita la sberla di giovedì sera, si occuperà il mondo politico di qui all’autunno inoltrato. Il resto, dal fisco alla legge sull’omofobia, sarà contorno. La rissa precongressuale del Pd verteva sulla necessità o meno di difendere a tutti i costi il governo Letta. D’ora in poi a tenere banco sarà invece la prospettiva elettorale. Per Renzi sarà un vantaggio prezioso.

L’ancora (ma forse per poco) Cavaliere dovrà decidere come combattere la sua battaglia più difficile. Sa già quale simbolo mettere in campo: quello glorioso della vecchia Forza Italia. Sa su quali fronti vuole attirare il nemico: quello della giustizia, con se stesso a emblema del martirio, e quello del braccio di ferro con l’Europa. Ma ancora non sa, o se lo sa non ce lo ha detto, a chi affidare la candidatura alla guida del governo. Trattasi di particolare non secondario. Ma, per quanto fiocchino le smentite, c’è un solo modo per rinverdire l’accoppiata vincente Forza Italia-Berlusconi presidente. Si chiama Marina.

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