De Cristofaro (Leu): «Sulla scuola risorse del tutto insufficienti»
Il sottosegretario all'Istruzione L'esponente dell'esecutivo: il governo è nato per lavorare sulla condizione reale della parte del paese più esposto alla crisi. Il ministro Fioramonti si dimetterà? Al contrario, ora daremo battaglia in parlamento
Il sottosegretario all'Istruzione L'esponente dell'esecutivo: il governo è nato per lavorare sulla condizione reale della parte del paese più esposto alla crisi. Il ministro Fioramonti si dimetterà? Al contrario, ora daremo battaglia in parlamento
«Le risorse destinate dalla manovra alla scuola sono del tutto insufficienti». È l’allarme del sottosegretario all’Istruzione Peppe De Cristofaro (Leu-Sinistra italiana). Parte da una premessa: «Mi rendo conto delle difficoltà, siamo miracolosamente riusciti a sterilizzare le clausole di salvaguardia. E la sintesi di governo è complessa fra posizioni politiche differenti, storicamente addirittura avverse. Però…».
Però il governo sulla scuole è semplicemente deludente.
Qualche avanzamento c’è, ma non è sufficiente. Il governo è nato con l’obiettivo di sottrarre alle destre un pezzo di consenso sociale. Allora: o puntiamo su quello che parla alla condizione materiale del pezzo di paese più esposto alla crisi oppure perdiamo la scommessa, e poi il voto. La scuola è luogo ideale per invertire la tendenza. Che non significa solo non tagliare. La scuola ancora risente dei tagli della legge Gelmini. Oggi non ci sono tagli. Ma bisogna cambiare rotta. La scuola italiana non ha bisogno di riforme ma di risorse. In parlamento bisogna lavorare per trovare più fondi.
Ma ci sono le condizioni?
È singolare che in queste ore si strepiti sulla plastic tax e non si dica mezza parola sulla scuola, il vero investimento sul futuro.
Quali sono le priorità?
Intanto i docenti e il loro contratto. Non è più accettabile che quelli italiani abbiano gli stipendi più bassi d’Europa.
Il ministro Fioravanti aveva promesso 100 euro in più.
La cifra prevista è un passo in avanti ma non basta. Le altre priorità: diritto allo studio, sostegno e scuole aperte, sia il pomeriggio che aperte al territorio.
E i precari.
Nel decreto ora alle camere c’è un passo avanti, il concorso straordinario al fianco di quello ordinario. Il prossimo anno avremo in tutto 50mila insegnanti in più. È una prima risposta all’esercito degli oltre 100mila precari che manda avanti la nostra scuola.
I dati sulla povertà educativa, soprattutto al sud, sono tragici. Al governo non li vedete?
Il Sud è anche una terra di esperienze di eccellenza, di buone pratiche pilota, stiamo lavorando a metterle in rete. Ma la situazione complessiva è preoccupante, gli studenti meridionali fuggono al Nord.
Ma le sinistre e i 5s non volevano ricucire lo strappo con gli insegnanti dovuto alla legge «buona scuola», quella che li trasferiva con il famoso ‘algoritmo’?
Quella riforma è l’ultima, spero, di una logica aziendale partita 30 anni fa, già contestata dal movimento della Pantera nel 90: l’idea di un’istruzione più legata al mercato che alla formazione di libere coscienze. Un’idea di cui si sente ancora l’eco fra noi. Penso alla ministra Bellanova che dice che «il merito è di sinistra».
La meritocrazia è di destra?
Il merito è un valore se garantiamo pari condizioni di partenza per tutti. Se i bambini e i ragazzi partono da diverse condizioni, parlare di merito è un’ipocrisia.
Ripeto: la scuola non doveva essere il terreno per riconnettervi con un pezzo del paese?
Sì, la scuola ha 8 milioni di studenti, di cui un milione cittadini stranieri – molti di loro nati in Italia a cui dovremmo riconoscere lo ius culturae -, un milione di docenti, 100mila precari, i lavoratori Ata. Con le famiglie stiamo parlando di mezzo paese. La scuola è un grande pilastro democratico italiano. Che regge, nonostante tutto. Penso al sostegno: nonostante i pochi fondi, l’Italia è un’avanguardia ed un modello per altri paesi.
Il ministro Fioramonti ha promesso le dimissioni se non arrivano tre miliardi. Si dimetterà?
Altro che dimetterci, il ministro ha dato al suo lavoro un’impostazione assolutamente condivisibile, la battaglia inizia ora in parlamento. E ci aspettiamo che la maggioranza non ci lasci soli.
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