Nel 1983 ha concluso uno dei suoi film più iconici, «Videodrome», con questo dialogo: «Lunga vita alla nuova carne». Quasi quarant’anni dopo, sta tornando alla nuova carne. Perché? È una continuazione? È qualcosa di cui voleva parlare o ha visto l’evoluzione nel mondo reale di ciò che aveva annunciato?

È tutto casuale. Non è che io abbia un’agenda in cui discutere di qualcosa in particolare. Ogni film è un’entità separata, so che tra loro c’è un collegamento e che molte persone vedono cose in Crimes of the Future che erano in altri lavori come Videodrome ed Existence. Quando stavo scrivendo questa sceneggiatura, non stavo affatto pensando a quegli altri film. So però che ci saranno connessioni perché provengono dal mio stesso sistema nervoso. Quando lavoro con i Viggo, Lea, Kristen, Scott, guardo solo gli attori, anche se quando sono bravi non hanno gran bisogno di una regia secondo me.

Due concetti, morte e invecchiamento, circondano la cultura della chirurgia. Cosa rappresentano per la creazione di questo universo?

Non mi permetto di pensare quelle parole dal mio 75esimo compleanno. Sono più vecchio del Festival di Cannes! La morte e l’invecchiamento sono ​​in ogni film. Non solo il mio film; in ogni film. Non appena si scatta una fotografia, la fotografia sta invecchiando, immediatamente. E dopo l’invecchiamento? Morte. Quindi, è ovunque. Per me, il corpo è la realtà, sono serio su questo. Fisica e fisiologia; ciò che consideriamo realtà è solo una funzione della nostra fisiologia; il modo in cui funzionano i nostri occhi, il nostro naso e la bocca. Quindi questo significa che se il corpo è ciò che siamo, allora stiamo affrontando l’invecchiamento e la morte.

Il film, che parla appunto di corpi, uscirà in un momento molto critico negli Stati uniti, dove il diritto di abortire è in pericolo. Cosa ne pensa?

Certamente il film affronta in un modo non schiettamente politico la questione di chi possiede il corpo di chi, e parlando di schiavitù, io possiedo quello di Viggo Mortensen, ma a parte questo, anche se ho scritto Crimes of the Future 20 anni fa, c’era una sorta di sensazione che tutto questo stesse per arrivare, questo tipo di proprietà oppressiva e di controllo. È una costante nella storia che da qualche parte nel mondo ci sia un governo che vuole controllare la sua popolazione, e questo significa ancora una volta che il corpo è la realtà. Cosa si controlla? I corpi delle persone. Ciò include parlare, ciò include esprimerti, ciò include il tuo cervello. Quindi, sì, voglio dire, in Canada, pensiamo che tutti negli Stati Uniti siano completamente pazzi. C’è un pensiero quando si parla di Putin e dell’invasione dell’Ucraina, ma poi appena a sud del nostro confine sentiamo delle vibrazioni stranamente simili e provenienti da una prospettiva diversa. Il film non è apertamente politico, ma per me tutta l’arte è politica, intrinsecamente politica, in quanto è un’espressione di cultura, di contesto, di intelletto, di un linguaggio molto specifico. E quindi, in questo senso, è politica, che il creatore dell’opera ne sia consapevole o meno.

La scena in cui viene mangiata della plastica, potremmo vederla come un commento sul cambiamento climatico?

Venti anni fa nessuno parlava di microplastiche mentre ora ci dicono che abbiamo microplastiche nel flusso sanguigno, con la consapevolezza e che circa l’80% delle persone sulla terra ha microplastiche come parte della loro carne. Quindi, il film, anche se, come ho detto, è stato scritto prima che quel concetto diventasse popolare, è forse un suggerimento satirico: invece di pensare che per salvare la terra dobbiamo interrompere la produzione di plastica, eliminandola dall’oceano e dai corpi di miliardi di persone, visto che non sembra molto probabile, l’alternativa potrebbe essere quella di abbracciare la plastica, amandola, divertendoci con lei, mangiandola. Troviamo un modo per usarla come cibo, risolverebbe i problemi della carestia in tutto il mondo. E quindi, è una specie di Jonathan Swift, «A Modest Proposal», ma allo stesso tempo c’è della realtà, perché di recente stavo leggendo di scienziati che stanno cercando di creare una plastica commestibile che fornirà nutrimento e proteine, perché ci sono batteri sulla terra, esseri unicellulari ma comunque animali che possono mangiare la plastica, viverci e funzionare con essa. Quindi, se è possibile a quel livello, allora potrebbe essere possibile a livello umano, questa è una delle proposte del film.