È la giornata della convergenza in parlamento sul Medio Oriente tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle, ma diversi segnali fanno capire che di lavoro da fare per un percorso concorde ce n’è ancora da fare. Giuseppe Conte ed Elly Schlein si incrociano faccia a faccia in tarda mattinata alla sala capitolare del Senato, per la proiezione di Palazzina Laf, il film di Michele Riondino sugli operai dell’Ilva. Siedono in prima fila ma ai lati opposti della platea, uno a destra l’altra a sinistra, anche con qualche poltrona vuota a dividerli. L’avvocato arriva con mezz’ora di ritardo, la segretaria prende posto quando la proiezione è già finita. Il tema è caldo e i due leader si ritrovano uniti dalle critiche che gli arrivano da Riondino che è tarantino, figlio di operai dell’acciaieria, ha qualcosa da rimproverare ai rispettivi partiti: «Non voglio trasformare questo momento in una mattinata politica – afferma il regista e attore – altrimenti dovrei dire quanto sono deluso, come cittadino, di essere stato sedotto e abbandonato dal Movimento 5 Stelle, deriso dal Partito democratico per i decreti salvavita e ignorato dal governo di destra».

SCHLEIN VA VIA e saluta velocemente Conte. È diretta nella sala di un albergo nei pressi di Palazzo Madama, dove è fissata la conferenza stampa insieme ad Alleanza Verdi Sinistra. Dunque, col portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli e col segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni annuncia di aver presentato un esposto in procura per denunciare alcune condotte ritenute poco trasparenti sulla ripresa del progetto che violerebbero le prerogative dei parlamentari. Ma, appunto, salta agli occhi l’assenza del leader del M5S. Pare che le altre forze di opposizione gli abbiano chiesto di partecipare all’iniziativa ma dai 5 Stelle siano sorti dubbi sull’espediente tecnico. Non nel merito, insomma. Come spiega Conte, sollecitato dai cronisti: «Noi siamo contrari al progetto del Ponte sullo Stretto. È un progetto che non ha senso». È un fatto, tuttavia, che il capo pentastellato abbia evitato di apparire in un’occasione che avrebbe offerto la photo opportunity che sarebbe stata una notizia: tutti e quattro i leader dietro una scrivania ad annunciare un’iniziativa comune contro il governo.

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Napoli, manganelli su chi protesta contro l’ad Rai Roberto Sergio

I DUBBI dalle parti del Pd crescono quando si torna a parlare di Rai, uno dei punti deboli del rapporto con il M5S. Succede che la polizia carichi i manifestanti che protestano davanti alla sede regionale Rai della Campania, a Napoli. Che parta subito un comunicato di protesta da parte dei 5 Stelle sul manganello facile delle forze dell’ordine. E che però Conte si trovi a solidarizzare con l’ad Roberto Sergio, al centro delle polemiche dopo il comunicato letto in diretta da Mara Venier in solidarietà con Israele. «Credo che ci sia un clima adesso di attacchi personali, anche forse minacce, nei confronti dell’amministratore delegato della Rai – dice Conte – Questo mi sembra che sia trascendere un po’ il contesto di confronto legittimo, di critica legittima». Il sospetto, in questo caso, è che il senso di Conte per la tv lo porti a fornire sponde all’ad che doveva cedere il passo ma che pare impegnato a mantenere la carica. «A me che Conte incontri Landini mi pare una cosa positiva, molto – dice ad esempio il deputato Pd ed ex ministro Andrea Orlando – Ma che difenda l’indifendibile Sergio no».

A QUEL PUNTO dal quartier generale contiano provano a ridefinire in questo modo la vicenda: «Il M5S ha da subito stigmatizzato il comunicato stampa dell’ad Rai Roberto Sergio e oggi, oltre a chiedere al ministro Piantedosi di chiarire dopo i gravi fatti di Napoli, lo ha ribadito per bocca di Giuseppe Conte. Se poi per alcuni esponenti del Pd condannare attacchi personali e minacce è sconveniente e diventa l’ennesimo escamotage per attaccare Giuseppe Conte e fare polemica politica, beh, questa inclinazione si commenta da sola». Insomma: altri motivi di tensione.