Non è facile caratterizzare quello che sta avvenendo nei palazzi del potere della Russia dieci giorni dopo l’ammutinamento delle forze mercenarie Wagner che avrebbe potuto sconvolgerne l’ordine interno.

Ciò che salta agli occhi è come un incidente di tali dimensioni non abbia finora causato grossi stravolgimenti nella struttura del potere. Certo, la Wagner ha perso il suo carattere di esercito autonomo, per confluire in maggioranza sotto il controllo diretto della Difesa. Ma questo era già un evento preordinato e causa del colpo di mano di Prigozhin il 23-24 giugno.

In particolare stupisce lo status del protagonista della mancata smuta, come in Russia viene definito il periodo dei torbidi, l’interregno fra la fine della dinastia dei Rurikidi e l’avvento dei Romanov, durante cui il paese sprofondò nell’anarchia più assoluta.

Secondo i termini dell’accordo mediato dal presidente Alexander Lukashenko, Evgenij Prigozhin risiede in in Bielorussia, da dove lunedì ha lanciato un nuovo messaggio ai suoi fan (il cui numero si è comunque decisamente assottigliato secondo i sondaggi), ringraziandoli per il sostegno alla «marcia della giustizia» ed invitandoli ad attendersi «nuove vittorie sul fronte».

Al tempo stesso, il “signore della guerra” sembra godere di piena libertà dato che, come riportato dal medium Fontanka.ru, sono stati notati diversi suoi viaggi a Mosca e San Pietroburgo. Nell’ultima visita, martedì, a Prigozhin sarebbero addirittura stati restituiti una parte dei soldi e alcune delle armi personali prima confiscate dalla Giustizia russa.

È evidente che un personaggio del genere, che per decenni ha costruito le sue fortune a fianco dell’uomo che dal 1999 decide i destini del paese più grande del mondo, non può uscire in modo rapido dalla scena. Al di là delle sue attività mercenarie, cruciali per la guerra in Ucraina ed i successi geopolitici della Russia in Africa, Prigozhin ha offerto alla politica di Putin numerosi altri servizi di carattere strategico.

In particolare, Prigozhin aveva creato la Internet Research Agency (Ira), la “fattoria dei troll” che aveva operato nell’ombra su piattaforme informatiche occidentali in operazioni di disinformazione strategica collegate alla politica russa, talvolta di concerto con l’intelligence militare. L’Ira era divenuta nota dopo essere stata denunciata dai Democratici Usa come cervello dei denunciati tentativi russi di interferire nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016.

Più in generale Prigozhin ha costruito un complesso ed oscuro impero economico composto di strutture alberghiere, aziende logistiche ed estrattive, oltre che al catering che lo ha reso famoso quale “cuoco di Putin”.

Quest’ultima componente è tutt’altro che triviale dato che il conglomerato di appaltati ottenuti da Prigozhin dal budget della Difesa ha inserito le sue aziende in posizioni strategiche della logistica dell’esercito, servizi che non possono essere eliminati senza fare danni maggiori alle forze armate di quelli che ha causato lo stesso Prigozhin con il suo colpo di testa a fine giugno.

A Prigozhin deve quindi essere consentito di recarsi in Russia nel quadro della chiusura dei suoi molti affari correnti che concernono il destino di migliaia di dipendenti del suo impero economico.

In tali condizioni, Vladimir Putin non ha potuto direttamente arrestare un tale mastodonte che egli stesso ha nutrito. Anche per paura della catena di reazioni che si verrebbero a creare nella molteplicità d’interessi che fanno capo a Prigozhin.

In tal modo, ciò che traspare è un sistema in cui lo zar mantiene il suo rating di fronte alla popolazione ma al tempo stesso viene a trovarsi in una cerchia del potere sempre meno fidata e stabile. Il sistema si regge sulla paura di una nuova smuta, le cui catastrofiche conseguenze sono tanto più temute, dalle masse quando dalle élite, nelle attuali condizioni di guerra aperta.

L’esito finale di quest’ultima è il fattore che deciderà se la Russia sprofonderà o meno in questi nuovi torbidi.