Prima ancora di arrivare a Cannes, nella sezione Fuori concorso, The Gangster, The Cop and the Devil, era già stato acquistato in previsione di un remake dalla compagnia di Sylvester Stallone, la Balboa Productions. Non è difficile capire il perché «Sly» (a sua volta in arrivo oggi qui a Cannes per un q&a dove anticiperà alcune scene del capitolo conclusivo delle avventure di Rambo) è stato conquistato da questo thriller sanguinario poliziesco, dal titolo vagamente leoniano, con gang mafiose e serial killer in cui torreggia la presenza della la star coreana Don Lee (Last Train to Busan, Unstoppable- Fuori controllo, The Outlaws).

SADICO/COMICO, il secondo lungometraggio del produttore e sceneggiatore Lee Won-tae (Man of Will) condivide con le storie e gli uomini cari a Stallone il gusto per l’iperbole, il paradosso, l’autoironia, un certo masochismo del corpo e un suo particolare, inscalfibile, senso di giustizia e della lealtà ai personaggi. Mentre, in concorso, Parasite di Bong Joon-ho sta facendosi strada come uno dei film favoriti della selezione di quest’anno, The Gangster, the Cop and the Devil, soddisfa in modo efficiente, pur senza sorprese uno slot di mezzanotte. Don Lee, che riprenderà lo stesso ruolo nel remake americano del film, è Jan Dong-su, capo degli Zeus, una delle più feroci gang criminali di Cheonan, a sud di Seul. È anche un uomo così brutale da chiudere un nemico in un sacco da boxe per poi ammazzarlo personalmente a pugni, senza sporcarsi le mani di sangue. Lee si cala nel personaggio con flemma deliziata, riservando ai suoi antagonisti lo sguardo vagamente annoiato con cui un elefante reagisce a un insetto, e – nonostante la stazza- dei colpi di lotta micidiali.

LA SUA FLEMMA si incrina solo leggermente quando, tornando a casa una sera, lo sconosciuto che lo ha tamponato, gli si butta addosso armato di coltello. Mentre all’ospedale stanno cercando di salvarlo dalle ferite, i suoi uomini invadono il quartiere generale della gang nemica pestandone a sangue parecchi membri. Solo che, deduce presto Don, il responsabile dell’accoltellamento è un outsider, uno fuori dai giri della mala. Chi oserebbe mai attaccare un capo potente come lui?

PER SALVARE la sua reputazione gangsteristica – messa a repentaglio dall’incidente che lo ha fatto sembrare vulnerabile – Don decide di allearsi con un giovane ambizioso ispettore di polizia, Jung Tae-seok (Kim Moo-yeol, già visto in Forgotten e Enguyo), convinto che l’accoltellatore sia un serial killer, responsabile di altri omicidi apparentemente immotivati. Criminali e poliziotti creano quindi un’alleanza improbabile, che il film sfrutta nei suoi aspetti comici e con fantasiosi detour di trama (quando il serial killer viene usato come copertura per regolare altri conti). L’attore Kim Seong-gyu è «il diavolo» del titolo – l’ombra affilata e scura che uccide per il piacere di farlo e a cui che Jan e Jung danno la caccia. Per uno la giustizia è portarlo in tribunale, per l’altro metterlo in un tritacarne.