Qualsiasi tentativo di «congelare» il conflitto in Ucraina e imporre un cessate il fuoco in questo momento significherebbe lasciare una guerra sospesa in Europa. Lo ha detto il consigliere del presidente Zelensky, Mikhaylo Podolyak, a margine dell’incontro diplomatico tra Putin e Xi Jinping.

L’AUSPICIO STATUNITENSE a mantenere equidistanza nel conflitto in corso per ora non sembra essere stato raccolto dalla delegazione cinese che ha scelto di non telefonare al leader ucraino. In un’intervista pubblicata sul Corriere della sera anche la vice-premier ucraina Irina Vereshchuk aveva ribadito che la conversazione «sarebbe un passo importante» e che, tuttavia, Kiev attendeva conferma dalla parte cinese. Quanto fosse reale l’aspettativa del governo ucraino per un segnale da parte di Pechino non ci è dato saperlo, ma probabilmente era molto bassa. La missione di Xi era un’altra, è evidente, e proprio per questo Kiev la temeva.

SUL CAMPO la situazione è tutt’altro che rosea per le forze armate ucraine: ieri i portavoce del comando militare orientale hanno dichiarato che i mercenari della Wagner sono riusciti a compiere ulteriori progressi verso il centro di Bakhmut. La città non è persa, si combatte ancora, ma tenerla per i difensori sembra impossibile. Non solo, c’è il rischio che la vicina Avdiivka diventi una «seconda Bakhmut», come ha dichiarato lunedì il ministero della Difesa britannica. Oltre a presentare molte somiglianze «dal punta di vista tattico» con la città assediata, Avdiivka rappresenta anche un importante argine per l’avanzata dei reparti separatisti da Donetsk. «Il nemico cerca costantemente di accerchiare la città di Avdiivka. Sono molto d’accordo con i miei colleghi del Regno Unito sul fatto che Avdiivka potrebbe presto diventare la seconda Bakhmut», ha detto Oleksiy Dmytrashkivskyi, il portavoce del comando militare ucraino di Tavria.

AL MOMENTO sembra che alcune unità del Corpo d’armata del Donetsk separatista si siano trincerate alla periferia di Orlivka, a poca distanza dal centro di Avdiivka, e stiano combattendo anche nelle vicinanze di Semenivka. A quanto pare, la strategia di tagliare i rifornimenti al nemico sperimentata a Bakhmut viene replicata anche qui. Se le vie di rifornimento verranno effettivamente interrotte, e c’è chi crede che potrebbe essere una questione di ore, l’accerchiamento degli ucraini ad Avdiivka e un nuovo tentativo di avanzata potrebbero essere imminenti.
Insomma, la tenuta del fronte ucraino in Donbass è appesa a un filo, nonostante in Crimea ieri i droni ucraini siano riusciti a colpire un convoglio di missili Kalibr diretti alla flotta russa del Mar Nero e nel sud (Zaporizhzhia) Kiev abbia tentato una sortita. Ed è per questo che assistere all’avvicinamento di Xi Jinping e Putin mentre le difficoltà sul campo aumentano è un problema ulteriore.

PER MOTIVI ANALOGHI ma su scala differente anche gli Usa e la Gran Bretagna la pensano allo stesso modo. Ha destato molto scalpore la dichiarazione della vice-ministra della Difesa di Londra, Annabel Goldie: «Oltre alla concessione di uno squadrone di carri armati principali Challenger 2 all’Ucraina, forniremo munizioni, tra cui proiettili perforanti che contengono uranio impoverito. Questi proiettili sono molto efficaci per sconfiggere i moderni carri armati e veicoli corazzati». Durissima la reazione di Mosca: il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, ha dichiarato che dopo la mossa di Londra ci sono «sempre meno passi» verso un confronto nucleare; il presidente Putin invece ha tuonato, «l’Occidente ha deciso di combattere con la Federazione russa fino all’ultimo ucraino, non a parole, ma nei fatti. Se il Regno unito fornirà proiettili all’uranio impoverito all’Ucraina, la Federazione russa sarà costretta a reagire». Maria Zakharova, la vice-ministra degli Esteri, ha ricordato che in Jugoslavia i soldati della Nato sono stati i primi a soffrire per l’uso di proiettili all’uranio impoverito.

IN SERATA il Pentagono ha chiarito che Washington non intende fornire proiettili all’uranio impoverito all’Ucraina e, tuttavia, accelererà per la consegna dei carri armati Abrams, in largo anticipo rispetto a quanto previsto. La fretta, in questo caso, è dovuta alla necessità di ribaltare sul campo i rischi del nuovo asse sino-russo.