«L’obiettivo è mettere a punto una proposta da sottoporre ai rappresentanti della Russia in un secondo meeting», ha detto il consigliere di Zelensky, Andrey Yermak, poco prima dell’inizio dei lavori della Conferenza di pace voluta dall’Ucraina in Svizzera.

NON LONTANO dall’hotel che ospita il summit, sul lago di Lucerna, la sala stampa è gremita di giornalisti che aspettano di sapere come i Kiev immagina di porre fine al conflitto senza la Russia. Ma gli organizzatori hanno previsto tutto e quando il presidente ucraino si presenta sul pulpito con la presidente della Confederazione elvetica, Viola Amherd, si limita a una dichiarazione programmatica: «Siamo qui per dare una possibilità alla diplomazia».

A Yermak è affidato il compito di soddisfare la curiosità della stampa: «Abbiamo presentato da tempo il nostro piano in dieci punti per avviare il negoziato, ma naturalmente siamo pronti ad ascoltare tutti i suggerimenti». Dunque, come anticipavamo alla vigilia, l’Ucraina ripartirà dalla formula elaborata a fine 2022 e che, essenzialmente, chiede il ritiro della Russia e la restituzione dei territori occupati. Significativa l’apertura, quei «suggerimenti» di cui parla il fedelissimo di Zelensky assomigliano più a una sorta di riscrittura, all’elaborazione di una proposta che sia almeno ricevibile da Mosca.

Una sorta di testo preliminare che apra i negoziati. Per ora la conditio sine qua non sembra l’accettazione dei «principi della Carta delle Nazioni unite» la quale riconosce (appunto) l’inviolabilità dei confini degli stati. Si vocifera già dell’eventualità di un secondo vertice in Arabia saudita, stavolta con i russi, ma non c’è accordo sull’offerta da fare a Mosca. Perché un’offerta andrà presentata, se non altro perché la diplomazia funziona così.

Il 3 ottobre 2022 il presidente Zelensky ha ratificato una proposta del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale secondo cui ai rappresentanti ucraini è vietato negoziare con il presidente della Federazione russa Vladimir Putin. Quest’ultimo l’ha più volte ricordato: «Se a Kiev non eliminano quella norma non potremo mai porre fine a questa guerra».

MA IL CREMLINO, e lo dimostrano anche le dichiarazioni di venerdì, per il momento si limita a esigere il massimo. Non solo i territori occupati in Ucraina, ma anche la neutralità di Kiev, fuori dalla Nato per sempre. «Siamo ancora in alto mare», sintetizza un alto funzionario dell’Ue prima di entrare in sala. L’aveva detto anche il principale fornitore di armi europee a Kiev: «Bisognerà includere Putin a un certo punto».

Vladimir Putin
Vladimir Putin, foto Ansa

Alla vigilia della Conferenza di Lucerna anche il presidente brasiliano Lula aveva ripreso l’argomento: «È chiaro che nessuna delle due parti sarà in grado di raggiungere tutti i suoi obiettivi con mezzi militari. Solo una conferenza internazionale riconosciuta dalle parti, sulla falsariga della proposta di Brasile e Cina renderà possibile la pace». E cosa ne pensa la Cina, la grande assente di questa due giorni?

La risposta di Pechino è stata affidata a Geng Shuang, vice della rappresentanza permanente all’Onu del colosso asiatico, che ieri ha inviato un messaggio di auguri ai partecipanti in Svizzera: «Ucraina e Russia devono trovarsi a metà strada per la pace. Le armi possono porre fine a una guerra, ma non possono condurre a una pace duratura».

Quindi Xi Jinping mira a mantenere una posizione intermedia, che da Pechino definiscono «obiettiva e imparziale» anche se appare molto più sbilanciata verso Mosca, anche in funzione anti-occidentale.

Anche se per ora senza la Russia si aprono le discussioni su come serrare i ranghi del blocco occidentale e stabilire un’agenda diplomatica. «Abbiamo messo insieme 101 delegazioni», ha dichiarato Zelensky, riferendosi ai 93 Paesi, 57 dei quali rappresentati da capi di stato (tra cui Italia, Francia e Germania) e alle 8 organizzazioni internazionali ospiti.

 

PER GLI USA confermata l’assenza di Joe Biden, rappresentato dalla vice Kamala Harris e dal Consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan. L’Arabia saudita ha inviato il ministro degli esteri «per non sbilanciarsi troppo», come sostengono alcuni analisti. Anche il presidente turco Erdogan sarà rappresentato dal capo della diplomazia di Ankara. Brasile e Vaticano solo osservatori, India e Sudafrica hanno scelto di inviare funzionari minori.

Come ha dichiarato in apertura la presidente svizzera Amherd, «non saremo in grado oggi di decretare la pace per l’Ucraina ma speriamo di dare inizio al processo». E già riuscire a convincere i rappresentanti di India e Sudafrica ad appoggiare un’eventuale bozza di proposta sarebbe un piccolo successo.

I due paesi il 23 febbraio 2023 al Palazzo di Vetro di New York figuravano tra i 32 astenuti sulla risoluzione Onu che chiedeva il ritiro delle truppe russe. Intanto in Ucraina e nelle città di confine russe continuano i bombardamenti e i reparti in prima linea subiscono perdite sempre maggiori su un fronte che ormai si estende per più di 1.200 km.