Europa

Da Dover all’Austria, l’orribile scia di sangue

Da Dover all’Austria, l’orribile scia di sangueL'interno del camion trovato a Dover nel 2000

I precedenti Nel 2000 in Inghilterra la strage di 58 cinesi. Secondo un rapporto della National Crime Agency britannica nell’ultimo anno si è registrato un drastico aumento dei migranti che tentano la traversata della Manica stipati nei container

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 24 ottobre 2019

Una mattanza senza fine. Non è la prima volta che in Europa si assiste a tragedie come quella che ha colpito i 39 migranti trovati senza vita in un container nel complesso industriale Watergate Park nell’Essex. Quasi venti anni fa, nel giugno 2000, le autorità britanniche avevano rinvenuto nel porto di Dover i cadaveri di 58 migranti, di cui 54 uomini e 4 donne, tutti morti soffocati. I migranti, di nazionalità cinese, avevano viaggiato per più di 18 ore stipati nella parte posteriore del camion. Fuori la temperatura raggiungeva i 32 gradi. Il tir proveniva da una nave olandese arrivata dalla città di Zeebrugge in Belgio. Lo stesso percorso che, a quanto emerge dalle ultime ricostruzioni della polizia inglese, avrebbe fatto il container in cui sono stati ritrovati ieri i 39 migranti. Quella di Dover è stata una delle più grandi stragi avvenute nella storia del Regno Unito e la più grande che abbia mai coinvolto dei migranti che tentavano di entrare nel Paese.

Allora furono dieci le persone arrestate e condannate per la strage di Dover. L’autista olandese, Perry Wacker, 33 anni, originario di Rotterdam, condannato a 14 anni di prigione, e nove cinesi che facevano parte di una rete di trafficanti di esseri umani che dalla Cina arrivava fino al Regno Unito.

Quattro anni fa invece è stata la volta dell’Austria. Nel pieno della crisi dei migranti che ha visto migliaia di migranti riversarsi lungo la rotta balcanica verso l’Europa, 71 migranti tutti di nazionalità siriana hanno trovato la morte nel cassone di un camion abbandonato. Le autorità austriache lo avevano rintracciato lungo l’autostrada che collega Budapest e Vienna, a soli 50 km dalla capitale austriaca. Era l’agosto 2015. Secondo la polizia austriaca i migranti, di cui otto donne e quattro bambini, erano morti per asfissia dentro il furgone. Una tragedia atroce consumata nell’indifferenza dei passeur che avevano sentito le urla disperate dei migranti che invano avevano cercato di salvarsi. Secondo quanto emerso dal processo celebrato in Ungheria, i profughi avevano tentato di attirare l’attenzione dei trafficanti e avevano chiesto loro di aprire le porte per far ricambiare l’aria. Una richiesta che si era scontrata contro la gretta impassibilità dei passeur che invece avevano preferito tirare dritto. «La sofferenza in quel camion va oltre l’immaginazione così come l’indifferenza dei trafficanti verso la morte di queste 71 persone» ha sentenziato il giudice Erik Mezolaki che si è occupato del caso. Lo scorso giugno i quattro passeur, tre di nazionalità bulgara e uno di nazionalità afghana, sono stati condannati all’ergastolo dalla Corte d’appello ungherese.

Negli ultimi anni è aumentato il numero di migranti che cercano di arrivare in Europa viaggiando in condizioni disumane nei container. Secondo un rapporto della National Crime Agency britannica sul crimine organizzato nell’ultimo anno si è registrato un drastico aumento dei migranti che tentano la traversata della Manica stipati nei container di automezzi e navi o su chiatte e altre imbarcazioni di fortuna. Nel rapporto si sottolinea come non si sia compresa a fondo la reale dimensione del fenomeno del traffico di esseri umani nel Regno Unito. Ma forse il discorso andrebbe esteso all’Europa intera.

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