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Da Bologna a Sulmona: «Fuori dal fossile!»

Da Bologna a Sulmona: «Fuori dal fossile!»

Movimenti Ambientalisti Bloccato la tangenziale del capoluogo emiliano che raddoppierà col Passante. In Abruzzo l’assemblea nazionale delle associazioni. La cittadina dovrebbe ospitare la centrale Snam del metanodotto. Il Comune è contro. Tante esperienze sul territorio per cambiare energia: Brindisi, Ravenna, Falconara, Taranto

Pubblicato più di un anno faEdizione del 11 giugno 2023
Linda MaggioriSULMONA (L'AQUILA)

Dall’Emilia-Romagna all’Abruzzo, è stato un sabato di lotte e attivismo civico: mentre centinaia di attiviste e attivisti di Extinction Rebellion ieri pomeriggio hanno occupato e bloccato pacificamente la tangenziale di Bologna, nei pressi del cantiere del Passante di Mezzo, a Sulmona in Abruzzo si è svolta l’assemblea nazionale della Campagna “Per il Clima Fuori dal Fossile”.

EXTINCTION REBELLION CHIEDE un cambiamento radicale nelle politiche ecologiche regionali, la revisione del Patto per il Lavoro e per il Clima attraverso un’Assemblea Cittadina regionale e l’introduzione dell’obiettivo regionale di neutralità climatica al 2030.

Il presidio degli ambientalisti a Sulmona

Sulmona, bellissima città incastonata tra i monti abruzzesi, città del «gran rifiuto» di Celestino V, è uno dei simboli della resistenza al fossile. Mario Pizzola, attivista del Comitato Cittadini per l’ambiente, racconta: «Ci battiamo da 15 anni contro la centrale di compressione del gas della Snam che dovrebbe servire il metanodotto “linea Adriatica” in costruzione lungo gli Appennini, per portare il gas da Brindisi a Minerbio (Bologna). Un progetto che stava per essere abbandonato, ma con la guerra è tornato in auge. Questo cantiere e tutta la linea si trovano in zone ad alto rischio sismico e idrogeologico. La Snam non ha ancora realizzato le prescrizioni ante operam, e in queste settimane gli archeologi della Snam hanno perfino trovato una necropoli. I lavori vanno sospesi, la Soprintendenza deve intervenire e mettere il vincolo archeologico. Siamo disposti a mettere in atto iniziative nonviolente di disobbedienza civile se le autorità non rispondono», conclude Pizzola.

A Sulmona prima dell’assemblea, si è tenuto un presidio in località Case Pente, dove da marzo la Snam ha allestito il cantiere.

ALLA CENTRALE DI SULMONA si oppone da anni anche il Comune, che infatti patrocina l’assemblea nazionale di Fuori dal Fossile. I Comitati e le associazioni intervenuti a Sulmona vengono da Brindisi, Ravenna, Cagliari, Falconara, Civitavecchia, Bologna, Piombino, Taranto, Mestre e tante altre città ferite dal modello estrattivista.

L’assemblea ha ricordato l’alluvione in Emilia–Romagna, e prima ancora il disastro a Senigallia e ad Ischia, effetti evidenti della crisi climatica.
«Governo e regioni, anziché mettere in sicurezza il territorio e puntare sulle rinnovabili, danno il via libera a nuovi rigassificatori e metanodotti – denuncia Renato Di Nicola portavoce della Campagna – militarizzano i territori e criminalizzano il dissenso. A Piombino con l’arrivo del rigassificatore sono aumentate le camionette militari ormai fisse in piazza, a Melendugno decine di attivisti sono sotto processo da anni per la Tap».

CENTRALE È LA RELAZIONE con la guerra: «le fonti fossili alimentano i conflitti e la guerra favorisce la speculazione sulle fonti fossili, queste infrastrutture poi sono un bersaglio bellico perfetto», spiegano le associazioni.

Rosetta Placido, di Riprendiamoci il Comune, sottolinea un altro paradosso: «In Italia i risparmi postali dei cittadini, circa 280 miliardi, finanziano il fossile. Dal 2003 la Cassa depositi e prestiti è una Spa, utilizzata per finanziare energia fossile e armamenti».

Per questo si stanno raccogliendo firme per due proposte di legge, per far tornare la Cassa Depositi e Prestiti a servizio dei comuni.
Gli attivisti marchigiani (Trivelle Zero) ricordano che il gasdotto della linea adriatica passerà anche sulle zone terremotate e che nella costa pendono progetti di trivelle. Dall’Abruzzo a San Benedetto del Tronto al Polesine si intrecciano alleanze tra comitati che si oppongono alle trivelle.

Drammatiche le testimonianze da Taranto, dove le patologie tumorali decimano popolazione (e attivisti) mentre l’ex Ilva continua a produrre e inquinare.
Tante proposte vengono dai territori: da Civitavecchia Bene Comune, per un porto e una città sostenibile, al Piano Taranto, alle comunità energetiche e solari, fino alle banche etiche che non finanziano il fossile.

«Il mio popolo non ha potuto difendersi e in tanti siamo dovuti emigrare», racconta Yakuba sindacalista dell’Unione Sindacale di base originario della Costa d’Avorio «la mia terra è stata distrutta da Eni e dal petrolio, ho paura che succederà lo stesso per i giovani di queste terre».

Ma uscire dal fossile e sposare le rinnovabili basterà a salvarci dal mito predatorio ed estrattivista? È quello che si chiede Alessandro Palmi di Cobas Bologna: «L’uscita dai fossili va unita alla decrescita dei consumi e della produzione, altrimenti si faranno guerre per il coltan e il litio».

LA PROSSIMA CONVERGENZA di tutte le associazioni è sabato 17 a Bologna, a un mese esatto dall’alluvione, «con stivali e fango». Una marcia per chiedere alla Giunta regionale dell’Emilia-Romagna soprattutto la moratoria a due opere simbolo: il rigassificatore di Ravenna e il Passante di Mezzo.

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