Accovacciati come una squadra di calcio, disposti in doppia fila. Un portavoce e un accorato appello: «Fateci tornare in Italia per ricordare i nostri amici». A un anno dal naufragio di Cutro, da cui si salvarono per miracolo, quattordici ragazzi afgani parlano da Amburgo. Li hanno rinchiusi in un centro di prima accoglienza (uno dei tanti nella città anseatica dove alla bisogna i migranti vengono stipati persino in centri commerciali o in campi da tennis in disuso) e aspettano da mesi di potersi ricongiungere con i familiari. Postano un video in rete, sfogano la loro impotenza. «Siamo stati vittime di una strage storica che ha causato la morte e la dispersione in mare di decine e decine di persone. Chiediamo aiuto ai governi italiano e tedesco e a tutta l’Europa per avere riconosciuto il diritto al ricongiungimento delle nostre famiglie».

A UNA SETTIMANA dal primo anniversario della strage, il loro è un grido di dolore e rabbia. Quella domenica mattina hanno visto morire accanto amici e parenti o semplici compagni di sventura. La più grande tragedia dell’immigrazione in Italia dopo Lampedusa 2013: 94 morti di cui 35 minori. È ormai caduta nell’oblio mainstream. Questo video, raccolto da MemMed-Memoria Mediterranea (network che si occupa di ricerca, identificazione e documentazione delle persone disperse nel Mediterraneo) e diffuso da Rete 26 febbraio, prova a riaccendere i riflettori su una tragedia dimenticata.
I naufraghi di Cutro spiegano che la loro fuga dall’Afghanistan è stata causata dal regime talebano che dal 15 agosto 2021 «ha provocato disastrosi effetti e problemi specialmente nel campo della sicurezza, dell’economia, della cultura e dello studio a causa dei quali sono spariti i diritti dei bambini, delle donne. Sono state chiuse le scuole e le università per le donne».

C’È POI IL PASSAGGIO sulle commemorazioni previste nei prossimi giorni: «Dopo un anno noi sopravvissuti stiamo ancora soffrendo fisicamente e psicologicamente. Siamo senza un’adeguata sistemazione e viviamo in diversi centri per rifugiati. Molti stanno ancora aspettando di avere i documenti. A un anno dalla strage non c’è stato ancora garantito il diritto alla verità e alla giustizia e ci viene anche attualmente negato il diritto di tornare a Crotone e Cutro per l’anniversario della strage, in quanto questa Europa che dice di accoglierci, ancora ci nega un passaporto per raggiungere l’Italia nei giorni della commemorazione». È una delle tante promesse disattese dei governanti europei. Che versarono lacrime di coccodrillo all’indomani della strage per poi dimenticarsi dei familiari delle vittime e dei superstiti. A partire dalla premier Meloni che nell’incontro a Palazzo Chigi aveva assicurato alle famiglie corridoi umanitari e ricongiungimenti rapidi per i congiunti che si trovano nei Paesi di origine, identificazione, riconoscimento e degna sepoltura di tutte le salme delle persone coinvolte. Parole, solo parole.