Un segreto rivelato non è più un segreto. Forse è per questo che la Commissione antimafia ha fatto sapere di non ritenere necessaria un’audizione di Guido Crosetto per fargli spiegare meglio le sue ipotesi di complotto togato ai danni del governo.

DA PARTE SUA, in ogni caso, il ministro si è detto pronto a riferire in parlamento (anche ha premesso di preferire «per rispetto» altre sedi: il Copasir o proprio la Commissione antimafia), mentre l’Anm ribadisce che «il sospetto di un golpe giudiziario è del tutto infondato» e il presidente Giuseppe Santalucia fa Sapere che Crosetto l’ha chiamato: «Presto ci incontreremo. La sua preoccupazione deriva da qualche espressione che gli è stata riferita da qualche convegno o congresso , mi è parso di capire». Tra i parlamentari, però, continuano a rincorrersi voci di «inchieste a orologeria» in arrivo, si teme per il Pnrr, le sue rate e i suoi appalti, girano nomi di «attenzionati» (deputati, senatori, ministri, sottosegretari) e «attenzionatori» (magistrati più o meno in vista), storie sempre in bilico tra la paranoia, il timore della deriva eversiva (Conte) e la netta sensazione che la situazione potrebbe pure essere grave ma assolutamente non è seria.

DALLE PARTI delle toghe rosse, però, si cita un precedente reale (e preoccupante) per spiegare il comportamento di Crosetto: una storia vecchia di 15 anni, quando il Sismi i pm li spiava davvero e Pio Pompa archiviava non solo materiali noti ma portava anche un «capillare monitoraggio delle attività, dei movimenti e della corrispondenza informatica di magistrati», come scrisse il Csm in una delibera. Troppo? Forse sì, ma nel trambusto dell’eterno scontro tra politica e giustizia, ad esempio resta insoluto il mistero di chi abbia fornito al vicepremier Matteo Salvini il video della giudice Iolanda Apostolico alla manifestazione davanti alla nave Diciotti. Un’operazione di dossieraggio in piena regola e, questa sì, ad orologeria: le immagini infatti spuntarono fuori subito dopo che Apostolico aveva disapplicato il decreto Cutro. Per quanto riguarda il resto, malgrado le tante situazioni di tensioni, durante questa annata di governo Meloni non si può certo dire che la magistratura abbia voluto infierire sugli esponenti della maggioranza coinvolti in guai giudiziari: dal caso Santanchè a quello di Delmastro (che oggi va davanti al Gup per rivelazione di segreto d’ufficio), i toni degli inquirenti sono sempre stati tenui, con grande attenzione a separare il fatto in sé dalle questioni politiche. Per questo il complottismo di Crosetto viene vissuto male da una parte consistente della maggioranza. Persino Ignazio La Russa, poche settimane fa, quando è andato a far visita al congresso di Magistratura Democratica a Napoli si è comportato da colomba, negando non solo l’esistenza ma anche l’intenzione di una guerra alla giurisdizione.

INDECIFRABILE, in questo senso, la posizione di Giorgia Meloni: impossibile credere che neanche lei fosse a conoscenza dell’intenzione di Crosetto di sparare siluri contro i giudici, ma la premier sin qui ha anche spinto poco per tutto quello che riguarda la futura riforma della giustizia, cioè il terreno di quella che sarà una vera e propria battaglia campale con le toghe. Ieri, poco prima di pranzo, a Palazzo Chigi c’era Carlo Nordio: i cronisti lo hanno visto uscire dall’ingresso posteriore mentre Meloni stava incontrando ministri e sindacati per parlare della manovra. Questo il giorno dopo un Cdm in cui è stata varata la misura cosmeticadelle pagelle ai giudici, mentre la parte problematica (quella del test psicoattitudinale) è stata cassata senza troppi drammi, pare dietro consiglio proprio del Guardasigilli.

NORDIO si trova in equilibrio su un filo sottile: da un lato il grande timoniere della riforma sarebbe lui, dall’altro sono mesi ormai che ha smesso di fare storie per discuterla il prima possibile. E da un altro lato ancora non è sfuggito che lunedì, rispondendo per iscritto a un’interrogazione di Maurizio Gasparri sul caso Apostolico, ha tirato in ballo il presidente della Repubblica, citando un suo discorso sulla «responsabilità sociale che caratterizza la funzione giudiziaria». Domani mattina Mattarella presiederà il plenum straordinario del Csm. E l’ordine del giorno è uno solo: «Comunicazioni del ministro della Giustizia».