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Crisi diplomatica con Parigi e tentativo di asse con Berlino e Vienna

Crisi diplomatica con Parigi e tentativo di asse con Berlino e ViennaSoccorsi in mare

Disintegrad Il governo italiano pretende le scuse della Francia. Macron al contrario attacca ancora. «Dare ragione a chi provoca non aiuta» dice il presidente francese. Merkel preoccupata. Conte e Tria rinviano la tappa oltralpe. Il capo del Viminale vedrà l’austriaco Kickl e il tedesco Seehofer

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 14 giugno 2018

Non è solo una crisi diplomatica seria tra due Paesi fondatori dell’Unione europea, l’Italia e la Francia, quella che la vicenda dell’Aquarius sta innescando. È una lacerazione che taglia l’intera Ue e prefigura la battaglia ad altissimo rischio che si svolgerà nei prossimi mesi. In discussione non c’è solo né soprattutto il Trattato di Dublino, che per Salvini è un obiettivo di secondaria importanza, ma la natura stessa dell’Unione. Con un fronte che va dai Paesi di Visegrad all’Italia e all’Austria, ma trova ascolto anche nella stessa Germania, che mira a blindare i confini costruendo la «Fortezza Europa».
Ma se questo è la posta in gioco nel confronto che si profila, lo scontro tra Italia e Francia divampa invece subito. Il governo italiano reclama scuse ufficiali dall’Eliseo dopo le dichiarazioni, decisamente improvvide, del presidente Macron. Lo fa il ministro degli interni che ha gestito l’intera faccenda come se fosse il premier, Matteo Salvini.

Concorda in pieno il ministro delle infrastrutture Toninelli, direttamente responsabile della chiusura dei porti per la nave carica di profughi. Più formale, e dunque più significativo, il gesto del ministro degli esteri Moavero, che convoca alla Farnesina l’ambasciatore francese, in assenza del quale riceve il numero due della diplomazia di Parigi a Roma, madame Raulin, e va giù pesante mettendo sul tavolo, in mancanza di «iniziative idonee» della Francia, la possibilità che siano «compromesse le relazioni» tra i due Paesi. Rincara la dose il ministro del Tesoro Tria, disertando il previsto incontro con il collega francese Le Maire.

Tace però il numero uno del governo, il premier Giuseppe Conte, e l’Eliseo trova modo di segnalare il suo silenzio con una nota nella quale la presidenza della Repubblica informa di non aver ricevuto alcuna richiesta di scuse da parte di palazzo Chigi. Poi Macron rompe gli indugi. Dirama un comunicato che è e vuole essere benzina sul fuoco: «Se dessi ragione a chi provoca e cerca la provocazione, aiuterei i democratici? Non dimentichiamo chi ha parlato e chi ci ha interpellati». Come se non bastasse segue l’invito a «non cedere alle emozioni, che qualcuno manipola». Salvini non è mai citato esplicitamente. Non ce n’è bisogno. Da Parigi arrivano anche segnali opposti e in quantità, dal ministro degli esteri alla ministra per gli affari Ue, piovono riconoscimenti sulle difficoltà che l’Italia ha dovuto affrontare. Ma le parole che contano sono quelle del presidente e non sono certo parole rasserenanti.

A questo punto il viaggio di Conte a Parigi domani è decisamente improbabile, anche se non ancora ufficialmente disdetto. Il premier italiano in realtà non è mai intervenuto ufficialmente ieri, anche se gesti come la convocazione dell’ambasciatore o l’incontro disdetto di Tria con Le Maire sono eloquenti. In privato, però, Conte sarebbe stato tassativo: «Non ho nessun dubbio: senza un chiarimento e le scuse di Macron io da Roma non mi muovo. Chi sbaglia deve chiedere scusa, prima che a me all’Italia. Abbiamo salvato milioni di vite umane e questo l’Europa tutta deve tenerlo a mente». Il messaggio di Macron, atteso tutto il giorno ma con aspettative opposte, non può certo avergli fatto cambiare idea.
La tensione tra Roma e Parigi rinvia però a una sfida di carattere molto più ampio. Si spiegano così i toni di giorno in giorno più preoccupati di Angela Merkel: «Come affrontiamo la migrazione è un test decisivo per il futuro e la coesione dell’Europa. Dobbiamo prendere in considerazione le preoccupazioni di ogni Paese». E il suo portavoce specifica che «l’Italia non può essere lasciata sola».

Ma la posta in gioco non è più solo la modifica, del resto difficile e improbabile, del Trattato di Dublino, quello che ha «lasciato l’Italia sola». Quel Trattato riguarda solo i richiedenti asilo, mentre l’offensiva scatenata in Europa dalla destra guarda all’intera area dell’immigrazione. La strategia di Salvini, quasi illustrata tra le righe nell’intervento di ieri al senato e poi in una serie di battute, è accompagnare all’asse già dispiegato con i Paesi di Visegrad, Ungheria di Orban in testa, una «triplice alleanza» con l’Austria e la Germania. Il 20 giugno vedrà il ministro degli interni austriaco ultradestro Kickl e ieri già annunciava un «accordo a tre che spero si allarghi a tutti i Paesi dell’Unione». Il cancelliere austriaco Kurz, dopo aver incontrato il ministro degli interni e vicepremier tedesco Seehofer, anche lui un falco da fare invidia al collega italiano, annuncia la nascita di un «asse comune tra Austria, Germania e Italia, un asse dei Volenterosi, contro l’immigrazione illegale».

La Cancelliera Merkel tenta di disinnescare la minaccia sul nascere: «Sono necessarie varie forme di cooperazione, non solo questa, se vogliamo raggiungere una soluzione complessiva europea per l’immigrazione illegale. Siamo impegnati a proteggere i confini esterni, a cooperare con l’Africa e a controllare l’immigrazione illegale». È un freno, ma sulla difensiva. Proprio la «protezione dei confini esterni» è infatti la linea sulla quale hanno concordato di muoversi Salvini e Seehofer, con il pieno appoggio dell’Austria e di Visegrad. È una strategia che ha un nome preciso: «Fortezza Europa».
Il passaggio fondamentale, per quanto riguarda l’Italia, sarà il viaggio che Salvini spera di organizzare entro il mese in Libia. Non solo perché dovrà essere la guardia costiera libica a incaricarsi di bloccare le partenze, ma soprattutto perché è in Libia che dovranno essere costruiti i campi di detenzione per i migranti. Fuori dalla Fortezza.

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