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Crisi del carburante, Johnson chiama i militari

Crisi del carburante,  Johnson chiama i militariFila a un distributore di benzina a Londra – Ap

Post Brexit Il panic buying di benzina da parte degli automobilisti ha aggravato la situazione, il governo annuncia il dispiego dell’esercito per guidare le autocisterne rimaste senza autisti

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 30 settembre 2021

Continua la surreale “crisi petrolifera” britannica, con migliaia di automobilisti incolonnati ad attendere il proprio turno per fare il pieno di vuoto, fregandosi a vicenda il posto in fila e alla bisogna menandosi con gusto e brio, come fa ogni corpo sociale coeso che si rispetti.

Ancora ieri il 27% di buona parte dei distributori nazionali era a secco, sebbene le cose siano migliorate da domenica, quando erano addirittura due terzi. Il ministro per il commercio Kwasi Kwarteng si è visto costretto ad annunciare il dispiego dell’esercito per guidare le autocisterne rimaste senza autisti, vista l’emorragia dei medesimi provocata in parte da Brexit: una crisi aggravata dal cosiddetto panic buying di benzina da parte degli automobilisti. 150 autisti sono dunque pronti a rifornire i rifornitori, in mezzo ai maldestri tentativi di Boris Johnson di placare gli animi e la bulimia di ottani che ha spinto moltissimi a fare con la benzina quello che si era fatto con la carta igienica durante il primo lockdown: fare incetta, comprarsene molta più di quanto serva, lasciando così gli altri a secco.

Secondo la Petrol Retailers Association, uno dei massimi associazioni di categoria, ci sarebbero «segni incoraggianti» di un superamento della soglia critica, con vari distributori (il problema riguarda tutto il paese tranne l’Irlanda del Nord) tornati a una normale erogazione, dopo che il governo aveva preso in considerazione l’idea di dare priorità ai bisogni di rifornimento dei lavoratori in settori-chiave, come gli ospedali ecc.

Quanto al «panico da acquisto», è stato evidentemente provocato dal trapelare del contenuto di una riunione governativa il 27 settembre, su come fronteggiare la carenza di autisti, soprattutto est europei, che dopo Brexit hanno comprensibilmente preferito restarsene al di qua della Normandia, mettendo una volta di più a nudo la carenza strutturale di manodopera nell’agricoltura come nel settore della ristorazione. Si stima che al Regno Unito ne manchino almeno centomila, una penuria che naturalmente affligge non solo l’approvvigionamento di benzina ma di generi alimentari e dei supermercati.

Tale panico ha così ufficialmente fatto il suo ingresso nella distopica quotidianità che andiamo navigando e dalla quale la Gran Bretagna si racconta di poter uscire da sola. E dei rovesci della “perfida” – soprattutto in Europa, fra i commentatori avversi alla dipartita del Regno Unito dall’Ue – affiora un malcelato, sottile piacere, come anche sottolineato dai commenti di Michel Barnier, l’ex-capo negoziatore europeo durante l’estenuante trattativa Brexit (Barnier, ora candidato all’Eliseo, l’ha definita una sua «conseguenza diretta»). Di tutt’altro avviso naturalmente, il governo neo-nazionalista inglese presieduto da Johnson: il ministro dei trasporti Grant Shapps ha rivoltato la frittata meglio di uno chef stellato, individuando le cause del problema in Europa e sostenendo che Brexit non abbia fatto altro che alleviarlo.

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